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Regno Unito, il debutto di Johnson, tra opposizione laburista, tensioni con Bruxelles e feeling con Trump

Regno Unito, il debutto di Johnson, tra opposizione laburista, tensioni con Bruxelles e feeling con Trump

K metro 0 – Londra – Per la prima volta, un Brexiteer dichiarato è Premier del Regno Unito. Nel suo primo discorso da Premier alla Camera dei Comuni, il 25 luglio, Boris Johnson ha confermato l’obbiettivo di completare la Brexit per il 31 ottobre prossimo: aggiungendo – tra le proteste dei banchi dell’opposizione – di

K metro 0 – Londra – Per la prima volta, un Brexiteer dichiarato è Premier del Regno Unito. Nel suo primo discorso da Premier alla Camera dei Comuni, il 25 luglio, Boris Johnson ha confermato l’obbiettivo di completare la Brexit per il 31 ottobre prossimo: aggiungendo – tra le proteste dei banchi dell’opposizione – di voler fare del Regno Unito “il miglior Paese in cui vivere sulla Terra”.

Un Paese “verde, prospero, fiducioso e ambizioso” che può essere “la prima economia in Europa” entro il 2050, ha aggiunto Johnson, ironizzando sulle “negatività” degli oppositori della Brexit (che non mancano tra gli stessi tories) e dei pessimisti. Con un discorso che, specie ribadendo l’intenzione di “rendere questo Paese il più grande posto sulla terra”, ha riecheggiato chiaramente i toni tipici di Donald Trump: il quale non ha mancato di intervenire anzitutto su Twitter, elogiando il governo britannico per la sua determinazione ad uscire dalla UE se ritiene che non sia conveniente per il Paese, e dicendo chiaramente di non essersi trovato bene con Theresa May, predecessore di Johnson a Downing Street. E’ seguito, venerdì 26 luglio, l’esplicito invito di Trump a Johnson a incontrarsi prima possibile, per discutere adeguatamente della spinosa questione della Brexit, dei futuri rapporti commerciali USA – Regno Unito e dell’attuale tensione nel Golfo Persico.

Johnson in Parlamento ha detto che va rivisto l’accordo sulla Brexit raggiunto da Theresa May. È stato bocciato già tre volte da questa Camera e i suoi termini sono inaccettabili”, ha precisato: insistendo però, di voler “negoziare in buona fede un’alternativa con l’Ue”. Rimuovendo i punti dell’accordo che Londra ritiene più inaccettabili, e ribadendo la convinzione che il “backstop” con la Repubblica d’ Irlanda, durante l’attuazione della Brexit, possa essere sostituito da altre soluzioni: per garantire il confine aperto tra Ulster ed Eire, che è anche l’unico confine terrestre esistente con la UE, senza restare neanche “nell’unione doganale e nel mercato unico”.

Non avendo infatti, una piena maggioranza in Parlamento, questo esecutivo governa col  determinante appoggio di 10 parlamentari del Partito Unionista nordirlandese: che, ancor più del governo stesso, temono che l’ipotesi del “Backstop” (cioè il ritorno ad un confine rigido tra Ulster e Repubblica d’ Irlanda, probabile nel caso di una Brexit senza alcun accordo) possa portare, col tempo e con la possibile ripresa della tensione in Ulster (di cui s’intravede qualche sintomo), addirittura a un distacco nordirlandese da Londra.

Bruxelles, però, tramite il negoziatore ufficiale sulla Brexit, Michel Barnier, e un intervento dello stesso “presidente emerito” della Commissione, Juncker (che ha avuto un colloquio telefonico con Johnson), ha già ribadito che l’unico accordo possibile per l’uscita dell’Inghilterra, anche per quanto riguarda i futuri confini con l’Irlanda indipendente, è l’ultimo definito a maggio scorso dalla May.  Al massimo, la UE potrebbe accettare di cambiare la Dichiarazione Politica, allegata all’accordo, sui possibili futuri legami residui di Londra con Bruxelles (permanenza nell’ Unione doganale e mantenimento di rapporti stretti col Mercato unico). Venerdì 26 luglio ha fatto sentire la sua voce anche Michael Roth, ministro tedesco per l’Europa: che ha invitato ufficialmente Johnson a tenere un comportamento calmo e ragionevole, a maggior ragione essendo il Premier di un Paese che è ancora, a tutti gli effetti, membro dell’Unione Europea.

Il debutto del nuovo esecutivo, quindi, avviene in un clima a dir poco difficile, tra la fermezza di Bruxelles e la forte opposizione dei laburisti. Secondo il sistema britannico, analogo, in questo, ad altri sistemi europei, non è previsto un voto di fiducia al nuovo Governo, che gode della “fiducia presunta” delle Camere: ma è sempre possibile la presentazione, da parte del Parlamento stesso, di una mozione di sfiducia. Il governo sarebbe tenuto a sottoporvisi, però, solo se fosse presentata dal leader del maggior partito di opposizione, il laburista Jeremy Corbyn.

Secondo i media britannici, Corbyn potrebbe presentarla subito dopo la pausa estiva (che è iniziata ieri, 26 luglio, e finirà il 4 settembre); questo, anche per evitare che i potenziali dissidenti tories, contrari all’ipotesi (che Johnson, come abbiamo visto, non esclude) di una Brexit “no deal”, e decisivi, nell’ ottica laburista, per far mancare i numeri alla maggioranza, possano ricompattarsi e votare a favore dell’esecutivo per disciplina di partito. Ma Boris Johnson è preparato anche a tutto questo, e sempre giovedì 25 ha confermato, alle agenzie stampa, che in caso di scontro in Parlamento potrebbe decidere di andare addirittura ad elezioni anticipate (cosa, che, peraltro, non dispiacerebbe anche a Corbyn, che non ha mai digerito la vittoria di stretta misura dei conservatori, accompagnata anche da polemiche sulla piena validità del sistema elettorale, alle ultime politiche).

Intanto, a questo lento decollo parlamentare dell’esecutivo fa da contraltare il suo attivismo in campo internazionale: il Presidente francese Macron, evidentemente per placare la tensione tra Londra e Bruxelles, ha invitato il nuovo premier britannico a incontrarsi prima possibile, per parlare serenamente della Brexit. La notte tra il 25 e il 26 luglio, i due hanno avuto una lunga telefonata: nella quale – ha detto alla stampa il portavoce di Johnson – il neopremier ha confermato al Capo dell’Eliseo la sua volontà di trattare con Bruxelles per modificare un piano Brexit che la Camera dei Comuni ha bocciato 3 volte. È seguito, il 26 luglio, l’invito ufficiale a Johnson anche da parte della cancelliera tedesca Angela Merkel, per una visita ufficiale a Berlino dove si parlerà soprattutto di Brexit: invito accettato dal premier inglese, come confermato da Ulrike Denner, portavoce della Merkel. Anche il premier canadese Trudeau-informa la Reuters – ha proposto il 26 luglio a Johnson di discutere al più presto i termini di un possibile accordo commerciale stretto Canada-Gran Bretagna, che compenserebbe fortemente i problemi legati alla Brexit.

Johnson in questi giorni ha incontrato anche i leader di Scozia, Galles e Ulster: mentre, sempre il 25 luglio, il premier irlandese Leo Varadkar ha detto alla stampa, dopo l’ultima riunione del governo prima della pausa estiva, di “confidare ancora che un “no deal” possa essere evitato”.

Nel Golfo persico, intanto, si attenua la tensione tra Inghilterra e Iran, col rilascio il 26 luglio, da parte di Teheran, di 9 dei 12 membri indiani dell’equipaggio della nave-cisterna emiratina “Riah”, sequestrata dodici giorni fa dai pasdaran nel Golfo con l’accusa di contrabbando di petrolio.Ma prosegue la “guerra delle petroliere”, con l’inserimento degli USA: che hanno deciso ultimamente l’invio di nuovi contingenti di truppe nelle basi saudite, direttamente prospicienti il Golfo persico. Mentre, infatti, è sempre in ostaggio la petroliera britannica “Stena Impero” (con 23 persone a bordo), Gibilterra ha prolungato ultimamente di un mese il fermo dell’iraniana “Grace 1”, già bloccata da due settimane per presunte violazioni delle sanzioni UE alla Siria.

 

di Nizar Ramadan e Fabrizio Federici

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