K metro 0 – Roma – Preceduto dal convegno organizzato da DI.RE . Donne in rete contro la violenza, tenutosi lo scorso 17 luglio, e centrato soprattutto sugli aspetti legali e umani circa la violenza di genere e l’affidamento dei minori, è rientrato in discussione il 23 luglio il decreto Pillon, a pochi giorni dall’approvazione del Codice Rosso.
K metro 0 – Roma – Preceduto dal convegno organizzato da DI.RE . Donne in rete contro la violenza, tenutosi lo scorso 17 luglio, e centrato soprattutto sugli aspetti legali e umani circa la violenza di genere e l’affidamento dei minori, è rientrato in discussione il 23 luglio il decreto Pillon, a pochi giorni dall’approvazione del Codice Rosso.
Il Codice Rosso prevede, come già suggerisce il nome, la velocità nell’intervento. Si è lavorato soprattutto sull’inasprimento e sulla certezza della pena e sulla rapidità dell’ascolto della vittima di violenza, che il magistrato dovrà convocare entro 3 giorni dalla denuncia. Il revenge porn e i matrimoni forzati sono, finalmente, reato così come le lesioni al viso delle vittime provocate dall’acido. Tuttavia, il Codice Rosso prende in carico la parte attiva della violenza di genere, ma non la prevenzione. L’introduzione dell’educazione di genere non entra nei programmi scolastici; il reato di incitamento alla violenza sessuale neppure: insomma sembra che la centralità del Codice Rosso non risieda nella prevenzione bensì nella pena.
La senatrice Valeria Valente, nel suo intervento al convegno DI.RE ha dichiarato: “E’ una battaglia culturale quella che si deve ricostruire nella società, una lotta che adesso porta pochi voti e poco successo. Ritengo che la formazione sia fondamentale. Stiamo chiedendo alla Magistratura di rispondere ad un questionario (un questionario semplice), per accendere un faro su queste grandi problematiche giuridiche che si annidano all’interno dei Tribunali. Il 23 luglio torna in discussione il decreto sicurezza Pillon, dove non vengono puniti adeguatamente i comportamenti ossessivi e vendicativi. Tutto questo descrive un vero e proprio manifesto su come si vorrà la donna del futuro. Vi chiedo di alzare la voce su una subcultura che sta tornando con grande velocità e con una prepotenza che ci farà fare un balzo indietro senza precedenti.”
La direttiva dell’Unione Europea, istituisce norme minime per le vittime di violenza di genere, garantendo che in tutti i Paesi facenti parte dell’UE, esse siano trattate con rispetto; che la polizia, i pubblici ministeri e i giudici ricevano una formazione adeguata in tal senso; che le vittime ottengano informazioni comprensibili in merito ai loro diritti e alla loro situazione; che vengano istituite in tutti gli Stati membri forme di sostegno per le vittime; che quest’ultime possano partecipare ai procedimenti penali, se lo desiderano, e siano messe nelle condizioni di assistere al processo; che le vittime vulnerabili – quali i bambini, le vittime di violenze sessuali e le vittime disabili – vengano riconosciute in quanto tali e siano adeguatamente protette, anche durante le indagini di polizia e i procedimenti giudiziari.
Rispetto all’attuazione dell’art. 23 della Convenzione di Istanbul, relativo all’obbligo della creazione di Case Rifugio adeguate e facilmente accessibili in numero sufficiente per offrire nell’immediatezza un alloggio sicuro alle vittime, il Codice Rosso non fornisce risposte. Per non parlare poi dell’art. 15 della stessa Convenzione, che prevedeva già sei anni fa la formazione delle figure professionali che si occupano delle vittime e degli autori di tutti gli atti di violenza. Oggi si parla di formazione rivolta alla Polizia di Stato, all’Arma dei Carabinieri e alla Polizia Penitenziaria, senza lasciare spazio agli altri professionisti.
Intanto il 23 luglio, per protestare contro l’attuazione del decreto Pillon, si è tenuto un sit in sotto Palazzo Montecitorio, seguito da una conferenza stampa organizzata dai centri antiviolenza, dalla CGIL e dalla UIL, alla quale sono state invitate a partecipare le forze politiche.
di Stefania Catallo