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Londra. Boris Johnson nuovo premier, favorevole a una Brexit senza accordo

Londra. Boris Johnson nuovo premier, favorevole a una Brexit senza accordo

K metro 0/Jobsnews – Londra – Boris Johnson, è il nuovo leader dei Tories e di conseguenza nuovo primo ministro. È l’esito della consultazione tra i 160mila membri dei Tory per la successione a Theresa May. Johnson ha ricevuto oltre 92.000 preferenze e ha superato la concorrenza di Jeremy Hunt (meno di 47.000 voti). La partecipazione al voto

K metro 0/Jobsnews – Londra – Boris Johnson, è il nuovo leader dei Tories e di conseguenza nuovo primo ministro. È l’esito della consultazione tra i 160mila membri dei Tory per la successione a Theresa May. Johnson ha ricevuto oltre 92.000 preferenze e ha superato la concorrenza di Jeremy Hunt (meno di 47.000 voti). La partecipazione al voto è stata dell’87,4%, 509 le schede bianche. Aprendo il suo discorso ai Conservatori, Johnson ha ringraziato Hunt, definendolo “un formidabile oppositore” e ha rivolto un ringraziamento anche a Theresa May. Poi ha promesso: “Realizzeremo la Brexit entro il 31 ottobre. Approfitteremo di tutte le opportunità che porterà in un nuovo spirito di ‘possiamo farlo’. E torneremo a credere in noi stessi e su quello che possiamo realizzare. E come un gigante addormentato, ci risveglieremo e faremo a pezzi l’insicurezza e la negatività”. Tra gli altri obiettivi indicati dall’ex sindaco di Londra nel suo discorso “unire il paese e sconfiggere Jeremy Corbyn”, leader laburista. Oltreoceano sono già arrivate le congratulazioni del presidente americano Donald Trump, che in tweet gli ha fatto gli auguri, preannunciando un “grande” primo ministro del Regno Unito.

Chi è Boris Johnson

Nato a New York il 19 giugno 1964 da genitori inglesi, Alexander Boris de Pfeffel Johnson, da sempre chiamato in famiglia semplicemente Al, trascorre l’infanzia tra il Regno Unito e gli Usa cambiando casa 32 volte in 14 anni. Si stabilisce a Bruxelles, dove il padre Stanley, che negli Stati Uniti lavorava alla Banca mondiale, diventa funzionario della Commissione europea. La madre Charlotte, una pittrice di talento, lo incoraggia a sviluppare il suo lato artistico, ma il padre riesce a inculcare in famiglia, a tutti e quattro i figli, una ipercompetitività che spinge Al ad aspirare ad essere “re del mondo”, non importa a quale prezzo. Nel più esclusivo college di Inghilterra, Eton, finisce sotto tiro per le sue origini turche e il suo passato a Bruxelles. Per difendersi, inizia ad affinare una personalità eccentrica e sceglie di farsi chiamare solo ‘Boris’. Intelligente ma con “atteggiamento sprezzante”, come ricorda il Guardian, fa infuriare il corpo docente. Appena si laurea a Oxford nel 1987, sposa la bella e ricca Allegra Mostyn-Owen e tramite le conoscenze della sua famiglia si inserisce nel mondo del giornalismo, guadagnandosi la fama di euroscettico nelle vesti di corrispondente da Bruxelles del Daily Telegraph (1989-1994), dopo un praticantato al The Times, dove viene messo alla porta nel 1987 per aver inventato parti di un’intervista. A 35 anni, diventa direttore del settimanale conservatore The Spectator (1999-2005). Con Jacques Delors presidente della Commissione europea, Johnson si eleva tra le voci critiche: c’è chi continua ad accusarlo di giornalismo inattendibile, ma irrompe nel dibattito politico britannico in modo influente, accentuando le divisioni tra europeisti ed euroscettici all’interno del Partito conservatore.

Opposizioni scatenate contro Boris, Snp evoca referendum

Il leader laburista Jeremy Corbyn va subito all’attacco di Boris Johnson, appena eletto nuovo leader dei Tories, e prossimo premier, chiedendo elezioni anticipate. “Boris Johnson ha ottenuto il sostegno di meno di 100mila non rappresentativi membri del Partito conservatore, promettendo tagli fiscali per i più ricchi, presentandosi come l’amico dei banchieri e premendo per una dannosa no deal Brexit”, scrive Corbyn su Twitter. “Ma non ha vinto il sostegno del nostro Paese”, aggiunge. “La no deal Brexit di Johnson significherebbe taglio dei posti di lavoro, aumento dei prezzi nei negozi e rischi per il nostro Servizio sanitario nazionale, svenduto alle aziende Usa, in un amichevole accordo con Donald Trump. La gente del nostro Paese dovrebbe decidere chi sarà primo ministro in un’elezione generale”, afferma il leader laburista.

“La Scozia ora deve avere una scelta”. E’ la prima reazione degli indipendentisti dell’Snp i quali, di fronte alla designazione in casa Tory di Boris Johnson come premier, tornano a invocare non solo un secondo referendum sulla Brexit (avversata da una netta maggioranza di scozzesi), ma anche per la secessione della Scozia dal Regno Unito. Dura pure la reazione di tutti gli altri partiti britannici d’opposizione. Dopo il tweet di sfida del laburista Jeremy Corbyn, e’ giunto quello della neoleader degli europeisti LibDem, Jo Swinson: “Boris Johnson ha avuto alla fine nelle sue mani le chiavi del numero 10 di Downing Street, ma ha dimostrato a più riprese di non essere adeguato per l’ufficio di Primo Ministro”, ha scritto Swinson, rivendicando d’essere pronta a fare del suo partito “un’alternativa a nazionalismo e populismo”. Scettico infine dalla trincea euroscettica ultrà Nigel Farage, leader del Brexit Party. “Auguro il meglio a Boris Johnson, ma avrà il coraggio di attuare davvero” la Brexit il 31 ottobre come obiettivo “di vita o di morte?”, si chiede.

Moody’s, con Johnson aumentati rischi Brexit no deal

I rappresentanti del business britannico si sono rivolti subito al nuovo premier Boris Johnson, con un appello: evitare di portare il Regno Unito fuori dalla Ue senza un accordo con Bruxelles. Nel suo discorso dopo la proclamazione a nuovo leader dei Tory, Johnson ha promesso che cercherà un accordo con la Ue, ma che se non arriverà, il Paese uscirà comunque dalla Ue entro la scadenza prevista del 31 ottobre. “Il nuovo primo ministro non deve sottovalutare i benefici di un buon accordo”, ha dichiarato Carolyn Fairbairn, direttore generale della Confederazione dell’Industria britannica (Cbi), la più grande associazione d’impresa che rappresenta circa 190 mila aziende. Anche la Camera di commercio britannica (Bcc), che riunisce migliaia di imprese, ha chiesto a Johnson – per bocca del suo direttore generale, Adam Marshall, di dire esattamente “come ha intenzione di evitare una Brexit caotica, senza accordo”.

 

di Pino Salerno

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