K metro 0 – Atene – La Grecia ha annunciato ufficialmente di voler iniziare a ripianare la sua situazione finanziaria anzitutto con l’emissione di un programma decennale di titoli di Stato: il primo lanciato dal nuovo governo conservatore del Premier Kyrialkos Mitsotakis. Una manovra tra quelle più classicamente adoperate dai governi, per fronteggiare i periodi
K metro 0 – Atene – La Grecia ha annunciato ufficialmente di voler iniziare a ripianare la sua situazione finanziaria anzitutto con l’emissione di un programma decennale di titoli di Stato: il primo lanciato dal nuovo governo conservatore del Premier Kyrialkos Mitsotakis.
Una manovra tra quelle più classicamente adoperate dai governi, per fronteggiare i periodi di crisi del debito pubblico: le cui proporzioni, nel caso della Grecia, fanno ancora, del Paese, un “sorvegliato speciale” da parte di Bruxelles. Si tratta della prima rilevante mossa di politica economica del governo Mitsotakis: che inizierà a svelare le sue carte, di fronte agli altri partner UE, solo al vertice comunitario di Tessalonica del prossimo settembre.
La PDMA, Greece’s Public Debt Management Agency, ’Agenzia statale greca per la gestione del debito pubblico, ha elencato ufficialmente, il 15 luglio, le banche incaricate di procedere all’emissione dei titoli, per un importo complessivo tra i 2 e i 5 bilioni di euro, che andranno incontro alle necessità del mercato per il 2019 e i successivi 5 e 10 anni. I bassi tassi d’interesse presenti nell’ Eurozona hanno aiutato il governo ellenico a rastrellare il denaro necessario per onorare, in seguito, gli impegni nei confronti dei risparmiatori acquirenti dei titoli: operazione, questa, facilitata anche da 3 successivi programmi internazionali di garanzia.
È sul fronte immigrazione, invece, che il governo Mitsotakis si sta più caratterizzando come esecutivo tipicamente nel solco del centro-destra europeo. Vari funzionari governativi, infatti, hanno promesso di accelerare prossimamente i tempi delle procedure per la concessione o meno del diritto d’asilo per rifugiati e immigrati; ma anche di riprendere i trasferimenti forzati – per non dire le deportazioni – dei rifiutati (in gran parte pakistani e afghani) dai Centri di accoglienza, soprattutto delle isole di Lesbo e Chios, nella vicina Turchia. Questo, nonostante le tensioni da sempre esistenti, per tanti motivi, tra i due Paesi, e nonostante, soprattutto, che le legge turca sui richiedenti asilo, risalente al 1951, limiti questa possibilità ai soli nativi dell’Europa (una fetta rilevante di “rifiutati” dalla Grecia, quindi, sa già che, in Turchia, l’aspetta un’altra lunga detenzione in Centri di accoglienza).
Il Premier Mitsotakis ha incontrato il 15 luglio, ad Atene, il commissario europeo per le Migrazioni Dimitri Avramopoulos, anch’egli greco: funzionari governativi hanno riferito che i due hanno discusso soprattutto su come sveltire le procedure per il diritto d’asilo e sul ritorno all’ accordo fra Turchia e Unione Europea del 2016: il quale consente le deportazioni in Turchia dei migranti le cui domande siano state respinte. La UE, però, sa benissimo che la Turchia non è propriamente un Paese ospitale per gli immigrati: ci sono tantissime testimonianze, e documenti, sulle situazioni in cui versano gli immigrati costretti a restare, per mesi, nei Centri d’accoglienza turchi. Ed è evidente che questa situazione non può durare a lungo, a maggior ragione nel momento in cui, a più di un anno dal Consiglio europeo di Bruxelles del giugno 2018, l’Unione non è riuscita ancora a definire una vera politica comunitaria per l’immigrazione.
di Fabrizio Federici