K metro 0 – Vienna – La Corte Suprema di Giustizia Austriaca ha deciso, martedì 25 giugno, che Dymitro Firtash, un tycoon ucraino, accusato di avere legami d’affari poco chiari con l’ex-manager della campagna elettorale del 2016 di Trump, Paul Manafort, può essere estradato negli Stati Uniti, dove lo attende anzitutto un possibile processo per un caso di
K metro 0 – Vienna – La Corte Suprema di Giustizia Austriaca ha deciso, martedì 25 giugno, che Dymitro Firtash, un tycoon ucraino, accusato di avere legami d’affari poco chiari con l’ex-manager della campagna elettorale del 2016 di Trump, Paul Manafort, può essere estradato negli Stati Uniti, dove lo attende anzitutto un possibile processo per un caso di presunta corruzione.
Firtash, socio in affari di Manafort (che negli USA è uno dei personaggi al centro dell’inchiesta della magistratura sulle possibili interferenze russe nell’ ultima campagna elettorale di Trump), ha fatto a suo tempo una fortuna vendendo petrolio russo a Kiev, ed è stato grande amico e sostenitore dell’ex-Presidente ucraino, filoccidentale, Yanukovich. Già in precedenza, aveva a lungo commerciato col Turkmenistan (generi alimentari in cambio di materie prime importanti come il gas, che rivendeva in Ucraina e in Europa occidentale).
Nel 2013, Firtash era stato messo sotto accusa, negli Stati Uniti, per la possibile implicazione in un mega caso di corruzione in India (tangenti pagate per l’estrazione di titanio, materiale importante utilizzato per i motori dei jet: probabile beneficiario, il colosso dell’aviazione civile e militare USA Boeing).
Arrestato in Austria nel 2014 e rilasciato dietro pagamento di una cauzione di ben 125 milioni di euro, Firtash ha sempre negato le accuse, argomentando inoltre – tramite il suo avvocato – che gli Stati Uniti non hanno giurisdizione riguardo a crimini commessi in India (a maggior ragione non essendo, l’accusato, cittadino americano). Tuttavia, il giudice federale USA Rebecca Pallmeyer ha deciso il contrario, dal momento che ogni possibile piano di corruzione avrebbe coinvolto la Boeing, azienda americana con base a Chicago.
I giudici di Vienna, allora, hanno convalidato la sentenza già emessa, anni fa, da una meno importante corte austriaca, che aveva già stabilito che Firtash, comunque, poteva essere estradato negli Stati Uniti. La Boeing, intanto, ha dichiarato semplicemente di aver considerato l’ipotesi di entrare in affari col magnate ucraino: non è nella lista degli accusati, né, al contrario, almeno sinora, vuole costituirsi parte civile nell’ istruendo processo (come fu, invece, a suo tempo, per l’altro colosso USA dell’aviazione Lockheed, per l’analogo scandalo degli anni ’70). Il Ministro della Giustizia di Vienna, Clemens Jabloner – riportano le agenzie di stampa austriache – dovrà ora decidere se l’estradizione può procedere effettivamente, e limitatamente alle accuse per questo presunto “caso Boeing”; mentre l’avvocato austriaco e il portavoce di Firtash si sono trincerati dietro il “no comment”.
A proposito, invece, di un possibile coinvolgimento del tycoon – che recentemente stava definendo un accordo d’affari con Paul Manafort per restaurare un hotel di Manhattan – nelle indagini del giudice federale Robert Mueller sulla possibile, diretta partecipazione del Cremlino alla vittoria elettorale di Trump del 2016, va detto che Manafort è stato condannato a marzo ad oltre sette anni di reclusione per accuse della giustizia federale riguardanti gli anni in cui era stato consulente politico proprio in Ucraina: coincidenti, a loro volta, con gli anni di massima attività “in loco” di Dymitro Firtash.
di Fabrizio Federici