K metro 0 – Mosca – Nel distretto militare centrale della Federazione russa è iniziata ieri, 24 giugno, una verifica, senza preavviso, della prontezza delle Forze armate al combattimento. L’ha dichiarato ad AP, Nova ed altre agenzie stampa il ministro della Difesa russo, Sergej Shoigu, in un incontro coi vertici delle forze armate della Federazione. “Oggi, in
K metro 0 – Mosca – Nel distretto militare centrale della Federazione russa è iniziata ieri, 24 giugno, una verifica, senza preavviso, della prontezza delle Forze armate al combattimento. L’ha dichiarato ad AP, Nova ed altre agenzie stampa il ministro della Difesa russo, Sergej Shoigu, in un incontro coi vertici delle forze armate della Federazione. “Oggi, in conformità con la decisione del comandante supremo delle forze armate della Federazione Russa, è iniziata un’ispezione senza preavviso delle truppe e delle forze del Distretto militare centrale”, aveva dichiarato il ministro in un comunicato ufficiale vecchio stile diffuso dall’agenzia ufficiale “Ria Novosti”.
Le manovre sono iniziate alle 6 ora di Mosca (le 5 a Bruxelles) e dureranno, probabilmente, alcuni giorni. “Quest’ evento è finalizzato a valutare la capacità delle forze armate di garantire la sicurezza militare nella regione dell’Asia centrale, dove persistono gravi minacce di natura terroristica. Un altro obiettivo del test è determinare il grado di preparazione delle truppe e delle forze per partecipare al prossimo evento di formazione di quest’anno: le esercitazioni sul comando strategico Tsentr-2019” (speciali esercitazioni periodiche delle forze armate della Federazione, coinvolgenti piu’ distretti militari russi, anche dell’area europea, che si terranno a settembre prossimo), ha aggiunto il ministro della Difesa russo.
La scelta di Mosca risponde anzitutto alla necessità di tenersi pronti a fronteggiare, un domani, possibili attacchi, nella strategica regione dell’Asia Centrale ex-sovietica, da parte di nuove organizzazioni terroristiche (si parla, infatti, di consistenti infiltrazioni, in corso tuttora, di militanti Jihadisti dall’Afghanistan nelle Repubbliche ex. Sovietiche più vicine; la Russia, ricordiamo, ha tuttora un contingente militare in Tagikistan, che confina con l’Afghanistan, e una base aerea in Kyrgyzstan). Che, oltre a compiere attentati e azioni dimostrative, potrebbero un domani progettare – sfruttando le tensioni su base etnico-religiosa da sempre presenti nelle 5 Repubbliche asiatiche ex-sovietiche- l’accensione di altri conflitti sul modello di quello che da 8 anni dilania la Siria e il regime di Assad.
Ma il tutto va letto in un ‘ottica più ampia, nel complessivo contesto geopolitico di quest’area del mondo. Che vede in sostanza fronteggiarsi, pur non con le armi, una Russia da sempre “madrina” delle 5 Repubbliche ex-URSS, e in buoni rapporti con Giappone e Cina e, dall’ altro, vari Paesi asiatici minori (tra cui alcune delle stesse ex-Repubbliche sovietiche), altalenanti tra il vecchio “Commonwealth ex-sovietico” e le nuove lusinghe degli USA. I quali, dopo esser stati interessati, negli anni ’90 e nei primissimi Duemila, soprattutto a estendere la NATO in un’ Est europeo ormai libero dai Muri, dopo l’11 Settembre, com’è noto, hanno in gran parte spostato a Oriente il baricentro della propria diplomazia: concentrandosi sulle guerre (Afghanistan, Iraq, Siria) per il controllo dei vitali traffici commerciali dall’ Asia estrema al Mediterraneo, e, più a nord, su una progressiva penetrazione finanziaria e commerciale nell’Asia centrosettentrionale.
In quest’ottica, così, vanno lette tante mosse del Cremlino degli ultimi anni: dal rafforzamento dei legami coi Paesi centro-asiatici in genere alle manovre militari congiunte compiute tempo fa, per la prima volta nella storia, coi cinesi; dalle imponenti esercitazioni fatte nell’estate 2018 in Siberia orientale all’interesse di Mosca per la nuova “Via della seta”.
Ma è significativo anche che al tempo stesso,sulla porta dell’Europa, nei Balcani, dal 14 giugno (e sino al 27), sono in corso nella località di Pancevo, sotto comando militare serbo, anche manovre militari congiunte tra Serbia, Russia e Bielorussia. Manovre – con la partecipazione di 50 reparti militari, aerei e droni – chiamate “Della fratellanza slava”, e che, secondo il ministro della Difesa serbo, Aleksandar Vulin, dimostrano che la Serbia non è sola, ed ha sicuri alleati in qualsiasi futura altra guerra nei Balcani.
Il riferimento di Vulin, neanche troppo velato, è, da un lato, alla guerra del Kosovo, quando i bombardamenti della NATO in Serbia impedirono un vero bagno di sangue dei serbi nei confronti dei separatisti albanesi di Pristina, e per tutti i mesi del conflitto fecero rimanere la Russia ai margini dello scontro. Dall’altro, chiaramente, alle nuove, attuali tensioni nei Balcani: dove Belgrado (che, insieme a Mosca e a Pechino, non ha mai riconosciuto l’indipendenza proclamata dal Kosovo nel 2008) appoggia scopertamente le minoranze serbe presenti sia nel Kosovo che in Bosnia-Erzegovina, e con Pristina si rinfaccia l’accusa di sabotare i possibili sforzi per una vera riconciliazione dopo il trauma del 1999.
Il tutto, mentre la Serbia guida (peraltro con indubbie chances) la pattuglia dei 6 Paesi dei Balcani occidentali che da tempo chiedono di entrare nell’ Unione Europea; e al tempo stesso preferisce restare nell’orbita di un’influenza russa che dura sin dai tempi dello zarismo.
di Fabrizio Federici