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Piombino, allarme rosso per ambiente e salute dei residenti. Intervista al presidente del Comitato di Salute Pubblica

Piombino, allarme rosso per ambiente e salute dei residenti. Intervista al presidente del Comitato di Salute Pubblica

K metro 0 – Milano – Il Comitato Salute Pubblica Piombino – Val di Cornia, nato nel 2018, continua ad opporsi all’idea di fare del suo territorio un polo nazionale di lavorazione, smaltimento, stoccaggio e spedizione di rifiuti speciali non pericolosi e pericolosi. Qui sono già insediate, in effetti, varie aziende che si occupano di

K metro 0 – Milano – Il Comitato Salute Pubblica Piombino – Val di Cornia, nato nel 2018, continua ad opporsi all’idea di fare del suo territorio un polo nazionale di lavorazione, smaltimento, stoccaggio e spedizione di rifiuti speciali non pericolosi e pericolosi. Qui sono già insediate, in effetti, varie aziende che si occupano di rifiuti: RiMateria, Wecologistic, Tyrebirth. Per ora è stato evitato l’insediamento della Creo, che avrebbe trasformato i rifiuti organici in lignite. Kmetro0 ha così fatto una lunga chiacchierata con il presidente del Comitato di Salute Pubblica Piombino- Val di Cornia, Alessandro Dervishi, che è un medico chirurgo.

Presidente, cosa chiedete, in sostanza?

«Il Comitato si è sempre battuto contro la cattiva gestione della discarica attuale, l’Ex Asiu, ancora adesso in coltivazione, per la quale l’azienda ha ricevuto negli anni passati due diffide dalla Regione Toscana oltre che un sequestro da parte della magistratura, giacché non avevano mai provveduto alla messa a norma dell’impianto. Inoltre, ci opponiamo all’ampliamento richiesto da RiMateria in Regione di 2,850 milioni di metri cubi di rifiuti che porrebbe questa discarica sul mercato nazionale dello smaltimento dei rifiuti speciali e non più, come si voleva fare passare dall’amministrazione uscente, a servizio delle bonifiche del SIN di Piombino e della ripresa della siderurgia».

Quali i rischi per l’ambiente e la salute pubblica?

«Limitandoci alla nostra area (Sito di Interesse Nazionale, zona che lo Stato italiano ha riconosciuto come gravemente inquinata e quindi da bonificare), diciamo subito che uno studio dal 1992 al 2011 ha evidenziato che in questo periodo sono nati 143 bambini con difetti congeniti su un totale di 4660 venuti alla luce. Si tratta quindi del 3,1%, valore che può sembrare ridotto ma che supera notevolmente il 2% di anomalie che è la media toscana. Altri studi eseguiti nello stesso periodo riguardanti la mortalità intorno a discariche di rifiuti in Toscana, hanno evidenziato eccessi di mortalità per malattie del sistema cardiocircolatorio e cerebrovascolare, per tumori al fegato, vescica, sistema linfoematopoietico e per linfomi non Hodgkin.

Venendo ai risultati di uno studio attuale (Sentieri/quinto rapporto), si legge che vi è una mortalità generale più alta di quella attesa su base regionale nelle sole donne, rilevando in particolare eccesso consistente di casi di tumore della pleura negli uomini e di pneumoconiosi. Riporto fedelmente quanto scritto sulla relazione medica: “Gli eccessi di mortalità osservati per malattie cardiovascolari non fanno escludere un ruolo nell’esposizione a inquinamento atmosferico cosi come riportato da evidenze di letteratura. In particolare, un rapporto dell’OMS segnala una possibile associazione da inquinamento atmosferico generato da impianti siderurgici e centrali elettriche e alcune patologie cardiovascolari”. Risulta inoltre in tale studio eccesso per tumori della tiroide in entrambi i generi. La presenza di benzene come contaminante ambientale dovrà essere oggetto di sorveglianza, poiché collegabile a quattro ricoverati di età 0-14 anni per leucemia. Si confermano gli eccessi di anomalie congenite per cui gli autori invitano a eseguire approfondimenti analitici e auspicano interventi di prevenzione primaria a tutela della salute riproduttiva. Aggiungo inoltre che non sono stati considerati evidentemente i presumibili aborti eseguiti per gravi malformazioni. Su una base del genere, per niente tranquillizzante, dunque, oggi s’intende dare il via libero a un’enorme discarica che raggiungerà le dimensioni totali di 5 milioni di metri cubi di rifiuti speciali e s’ipotizza inoltre anche il trattamento in futuro nella stessa sede di rifiuti pericolosi, che sono già trattati da parte di altra compagnia distante a poche decine di metri dalla discarica.

Per quanto riguarda l’ambiente, come ho detto, le microparticelle lesive per la salute e le varie sostanze nocive disperse in aria, già presenti e solo in parte testate dall’Arpat per loro mancanze di mezzi, chiudono il cerchio di quella che si prefigura come una devastazione ambientale che ci riporta alla triste esperienza di Taranto. Quindi non si tratta di rischi, ma si passa da un inquinamento già provato a uno largamente superiore e con effetti imprevedibili e certamente pericolosi per persone e ambiente».

Che soluzione proponete alle aziende interessate?

«Noi abbiamo sempre sostenuto che RiMateria debba occuparsi delle bonifiche, che non è stata concepita dalle amministrazioni per fare attività di discarica, e si chiama appunto RiMateria perché avrebbe dovuto lavorare i rifiuti del SIN e riciclare ciò che era possibile, circa l’80% dei rifiuti, e creare una nuova materia utile per l’edilizia per esempio per il manto stradale. RiMateria era stata concepita anche come discarica a servizio della ripresa siderurgica. Gli spazi già autorizzati, il famoso cono rovescio di 140.000 metri cubi, per noi devono essere preservati per le esigenze del territorio, per quei rifiuti del SIN che non sono riciclabili e per la ripartenza dei forni elettrici».

 

di Alessandro Luongo

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