K metro 0 – Madrid – La Spagna ha concluso domenica scorsa, il 26 Maggio, un ciclo elettorale iniziato cinque anni fa, con le elezioni europee del 2014. Questi cinque anni iniziarono con l’arrivo di nuovi movimenti e partiti di sinistra, spinti dalla crisi e dai multipli movimenti sociali che essa aveva innescato: così apparvero 15,
K metro 0 – Madrid – La Spagna ha concluso domenica scorsa, il 26 Maggio, un ciclo elettorale iniziato cinque anni fa, con le elezioni europee del 2014. Questi cinque anni iniziarono con l’arrivo di nuovi movimenti e partiti di sinistra, spinti dalla crisi e dai multipli movimenti sociali che essa aveva innescato: così apparvero 15, DemocraciaRealYa, las Mareas, Podemos.
L’anno dopo, nel 2015, i leader municipali supportati da Podemos divennero sindaci delle principali città spagnole: Manuela Carmena a Madrid, Ada Colau a Barcellona, Pedro Santisteve a Zaragoza. Tuttavia, questo partito non apparve da solo. Ciudadanos, un partito regionale anti-catalano, divenne, invece, il secondo maggior partito della destra spagnola, dietro a Partido Popular, partito conservatore tradizionalista.
Passarono gli anni e le elezioni generali decretarono –durante il 2015 e 2016- che il Parlamento sarebbe passato dalla maggioranza assoluta guidata dal Partido Popular o dai socialisti ad un sistema multi-partitico altamente frammentato. Il Partido Popular mantenne il controllo del governo dopo il ripetersi delle elezioni nel 2016, supportato da Ciudadanos e dall’astensione del Partito socialista: con il PSOE, appunto, come seconda forza politica, seguito da Podemos e Ciudadanos, terzo e quarto rispettivamente. Dopo altri anni, le forze di sinistra – a seguito dei contrasti tra i loro leader, che hanno cambiato le posizioni del Partito socialista più vicine alla sinistra, ed enormemente frammentato Podemos- non hanno mai raggiunto un accordo coi partiti indipendentisti, dai quali, però, avevano bisogno di voti per espellere il Partido Popular dal governo attraverso un voto di sfiducia in Parlamento.
Ciò nonostante, le cose cambiarono nel 2017 e 2018. La crisi catalana –il tentativo unilaterale della Catalognia di ottenere l’indipendenza- ha radicalizzato le forze di destra, spingendole verso posizioni nazionaliste e re-centralizzate. Questo fatto, in un contesto dominato dalla paura della Spagna di perdere la Catalogna, ha portato ad un aumento di voti ai partiti di destra. Nel frattempo, il Partido Popular è stato condannato per corruzione a causa di fondi illegali (il caso Gürtel). Quindi, sotto la pressione di Podemos e partiti catalani e baschi –che videro nel PSOE qualcuno capace di calmare il nazionalismo spagnolo e migliorare le condizioni di detenzione dei leader catalani imprigionati nel 2017 durante la crisi- i socialisti hanno presentato una mozione di sfiducia in Parlamento, che ha portato, il 1° giugno 2018, Pedro Sánchez alla guida del Governo. Da quel momento, il futuro apparve roseo per i partiti di sinistra: il PSOE e Podemos crescevano nei sondaggi, mentre l’effervescenza nazionalista parve essersi placata. Tuttavia, le elezioni regionali in Andalusia –di cui il Partito socialista non aveva mai perso il controllo- il 2 dicembre 2018, provarono che le cose per i partiti di sinistra sarebbero diventate assai più dure.
Per la prima volta nella storia della democrazia spagnola, infatti, il partito di estrema destra Vox entrò in Parlamento con voti inaspettatamente alti. Il Partito Popolare e Ciudadanos, in opposizione ai partiti liberali e conservatori in Europa, decisero di supportare Vox e ottenere il governo dell’Andalusia. Tutto, da quel momento, girò intorno al nuovo partito di estrema destra, che crebbe costantemente nei sondaggi. In questo contesto, e dopo aver perso il voto sul Budget Generale dello Stato per il rifiuto delle forze catalane –che avevano sempre richiesto misure governative a favore dei loro militanti, in buona parte incarcerati – il Presidente Sánchez, per sbloccare la situazione, indisse nuove elezioni generali.
Le elezioni si sono tenute il 28 aprile: un mese dopo, ci sono state anche le elezioni europee, locali e regionali, tutte il 26 maggio. I partiti di sinistra iniziarono la campagna elettorale insicuri della propria vittoria: il PSOE era cresciuto incredibilmente durante quei mesi secondo i sondaggi, ma Podemos era coinvolto in una grave crisi interna che faceva presagire il suo declino. Dopo una campagna elettorale coordinata ed intensa, le forze di sinistra alle politiche ottennero una scarsa, ma sufficiente, maggioranza parlamentare.
Nel frattempo, nello spettro di destra iniziò un’ardua battaglia per stabilire chi fosse il leader. Il PP alle politiche ottenne qualche voto in più dei Ciudadanos: che, volendo battere il Partito Popolare alle elezioni regionali, iniziarono una campagna estremamente aggressiva per indebolirlo e far capire, al tempo stesso, all’opinione pubblica che i conflitti all’interno dei partiti di destra avrebbero portato, anche là, a una tanto temuta divisione, lo stesso eterno problema della sinistra. Ciò nonostante, le elezioni locali, regionali ed e europee provarono che le forze politiche di destra ed estrema destra sono abbastanza potenti da non potere essere ignorate. Le elezioni europee, infatti, vennero vinte senza troppa fatica dai candidati socialisti, e la somma dei partiti di sinistra è maggiore di quelli di destra: tuttavia, non si può ignorare il fatto che –nonostante lo scarso supporto popolare, a differenza che in Paesi come la Francia e l’Italia- l’estrema destra spagnola, per la prima volta, dopo che nelle Cortes è entrata anche nel Parlamento Europeo.
Ne consegue una grande frustrazione delle forze di sinistra nelle maggiori città spagnole. Madrid e Barcellona paiono aver perso – a meno che un accordo all’ultimo minuto eviti che succeda a Barcellona- i loro sindaci progressisti, Carmena (il cui successore sarà probabilmente del PP) e Colau (il cui successore sarà probabilmente un membro di Esquerra Repubblicana, un partito indipendentista catalano). La situazione è particolarmente seria per Podemos, i cui risultati parzialmente buoni alle elezioni generali –ha perso alcuni dei suoi deputati ma meno di quanto auspicato dai sondaggi- vengono totalmente dimenticati a causa dell’enorme perdita di voti nelle elezioni europee, regionali e locali. I conflitti interni hanno sgretolato quasi completamente il potere acquisito nel 2015 –a Madrid, Barcellona, Zaragoza, La Coruña, El Ferrol, etcc., e Cádiz è l’unica città governata da Podemos, che conferma il suo sindaco. In queste città, nemmeno il Partito socialista recupera i voti persi da Podemos, il cui maggior nemico è stata l’astensione.
Riguardo alle elezioni regionali, le cose non differiscono particolarmente. Il PSOE pare aver vinto dopo anni nelle Isole Canarie e a La Rioja, e riguadagna quasi tutte le regioni sotto controllo in precedenza, con una maggioranza assoluta nei parlamenti di Extremadura e Castiglia-La Mancha-; mentre Podemos perde quasi il 65% dei suoi deputati regionali. Il Partito Popolare –che resiste come leader della destra- da parte sua mantiene –a meno che si tengano negoziazioni e accordi a sorpresa tra Ciudadanos e il PSOE- Castiglia e Leòn, Murcia e Madrid. La regione capitale, Madrid, è stata il boccone amaro del giorno delle elezioni per il Partito socialista, dal momento che, dopo 24 anni, ne ha perso il controllo. In articoli precedenti ho definito Madrid –città e regione- come la diga di Spagna (nelle parole del poeta Machado). Oggi, dopo una lunga ed intensa marea politica, la spiaggia politica spagnola ci mostra le conseguenze di questi cinque anni sul sistema politico nazionale.
Il partito Podemos, la grande speranza della sinistra nel 2015, ha perso la maggior parte del suo potere istituzionale; PP e Ciudadanos ancora combattono per la supremazia della destra dimostrando chi sarà abbastanza forte da mantenere le regioni di destra e municipi comunali; l’estrema destra, nonostante i risultati molto peggiori del previsto, entra per la prima volta nelle istituzioni; e il PSOE, dopo dieci anni, si presenta come principale forza politica in Spagna. Quando tutto sembrava cambiare (come nel celebre “Gattopardo”, il romanzo di Tommasi di Lampedusa), dopo che Podemos aveva occupato le strade e molti dei maggiori municipi di Spagna, le elezioni della scorsa domenica sono sembrate dimostrare che le forze di sinistra hanno perso molta della propria forza. La marea non è stata in grado di sgretolare la diga di Madrid, regione governata dal 1995 da PP; ma, là, di fronte al muro che è Madrid per coloro che provano a conquistarla, stavano la maggior parte di coloro che erano più vicino a rompere la diga. Come Bendicò, il cane del “Gattopardo”, dimenticato ed irriconoscibile.
David Rodas Martín, redazione di Madrid