K metro 0/Africa Express – Una trentina di civili barbaramente assassinati e altri cinque gravemente feriti nel nord-ovest della Repubblica centrafricana. È il bilancio del massacro che si è consumato martedì a Koundjili et de Djoumjoum, due villaggi ad una cinquantina di chilometri da Paoua, al confine con il Ciad. Gli autori della carneficina sono miliziani
K metro 0/Africa Express – Una trentina di civili barbaramente assassinati e altri cinque gravemente feriti nel nord-ovest della Repubblica centrafricana. È il bilancio del massacro che si è consumato martedì a Koundjili et de Djoumjoum, due villaggi ad una cinquantina di chilometri da Paoua, al confine con il Ciad.
Gli autori della carneficina sono miliziani del gruppo armato 3R (Retour, réclamation, réconciliation), capeggiato da Bi Sidi Souleymane (alias Sidiki), che è, tra l’altro, uno dei firmatari dell’ottavo trattato di pace, siglato all’inizio di febbraio a Khartoum tra il governo di Bangui e quattordici gruppi ribelli. Sidiki è stato nominato anche consigliere militare speciale alla fine di marzo dal ministero incaricato della formazione di unità militari miste, composte da soldati regolari dell’esercito centrafricano (FAC) e membri di gruppi armati.
Secondo alcune fonti ufficiali, membri di 3R – gruppo che dichiara di proteggere i fulani – il 21 maggio avrebbero convocato i residenti dei due villaggi per un’assemblea. In piena riunione i miliziani avrebbero aperto il fuoco, sparando indiscriminatamente su tutti presenti.
Ange-Maxime Kazagui, ministro delle Comunicazioni e portavoce del governo, ha chiesto che Sidiki consegni alle autorità entro le prossime 72 ore i responsabili del massacro, in caso contrario dovrà rispondere personalmente dei delitti commessi. Durante lo stesso lasso di tempo il gruppo 3R dovrà smantellare la propria base.
Il rappresentante speciale del segretario generale dell’ONU, il senegalese Mankeur Ndiaye, ha condannato questa carneficina che si è consumata due giorni fa. E il portavoce di MINUSCA (Missione Multidimensionale Integrata per la Stabilizzazione nella Repubblica centrafricana), Ikavi Uwolowulakana, ha sottolineato l’indignazione della missione dell’ONU per il carattere particolarmente crudele, pianificato e organizzato nei minimi dettagli, dunque volto a causare n numero elevato di vittime. MINUSCA ha fatto sapere che metterà in campo tutti gli sforzi possibili per consegnare alla giustizia gli autori e complici del massacro, che potrebbero essere accusati di crimini di guerra e di crimini contro l’umanità.
Va ricordato a questo punto che l’ultimo trattato di pace è stato preparato minuziosamente sin dal 2017 dall’Unione Africana e tutti gli attori del conflitto avevano tirato un grande sospiro di sollievo quando è stato finalmente siglato a Khartoum, la capitale del Sudan, i primi di febbraio. Nessuno dei precedenti accordi è stato in grado a riportare stabilità nel paese e ora, a quanto sembra, nemmeno l’ultimo, l’ottavo.
Le violenze non si placano nella travagliata ex colonia francese. Il giorno precedente all’uccisione di massa, una suora franco-spagnola, Inès Nieves Sancho, è stata ritrovata sgozzata proprio dietro il laboratorio di cucito nel sud-ovest del Paese. Il delitto si sarebbe consumato durante la notte tra domenica e lunedì. La religiosa faceva parte della comunità Filles de Jésus, la cui casa madre è a Tolosa, in Francia.
L’anziana suora viveva da anni sola in un’abitazione diocesana a Nola, dove insegnava cucito a giovani ragazze in difficoltà. La comunità intera è sotto choc e finora nessuno ha rivendicato il barbaro assassinio. Secondo diverse fonti, la religiosa non si sentiva particolarmente minacciata.
Secondo un politico locale – citato da fonti vaticane – la morte della suora potrebbe essere collegata al traffico di organi o a crimini rituali, molto frequenti nell’area.
Era nell’aria da tempo, ma qualche giorno fa è arrivata la notizia ufficiale: la Russia fornirà nuovamente armi a Bangui, destinati alle forze armate centrafricane. Il primo invio risale a poco più di un anno fa, grazie a una parziale revoca dell’embargo e sembra che anche questa volta il Consiglio sanzioni dell’ONU abbia acconsentito alla fornitura senza battere ciglio. La presidenza centrafricana ha fatto sapere che presto arriveranno anche trenta ufficiali russi. “Sono in corso trattative perchè gli ufficiali di Mosca possano essere integrati nella missione dell’ONU”, ha specificato il portavoce della presidenza di Bangui e ha aggiunto: “Al di là del suo appoggio militare, la Russia è interessata a sostenerci economicamente”.
Alla fine del 2017 il presidente centrafricano Faustin Archange Touadéra si era recato in Russia, dove aveva incontrato il ministro degli esteri di Putin, Sergueï Lavrov. Da allora i due governi hanno iniziato una stretta collaborazione: Mosca gode di licenze per lo sfruttamento minerario, in cambio mette a disposizione equipaggiamento industriale, materiale per l’agricoltura e altro. Insomma, anche il Cremlino, come molti altri Stati, è solamente interessato alle ricchezze del sottosuolo africano e, quando serve, come in questo caso, non esita chiedere appoggio all’ONU.
Da qualche tempo il consigliere per la sicurezza di Touadéra è il russo Valery Zakharov, responsabile anche della sua protezione personale e da marzo 2018 quaranta uomini delle forze speciali di Mosca fanno parte della sua guardia del corpo.
Ma insieme alle armi e i militari del Cremlino, nella ex colonia francese sono arrivati anche i paramilitari del gruppo Wagner, chiamati più elegantemente contractors invece del desueto ma molto più comprensibile mercenari, al servizio del governo russo, sono uomini pronti a tutto, addestrati alla guerra, quasi sempre ex militari delle forze armate moscovite.
La crisi dell’ex colonia francese comincia alla fine del 2012: il presidente François Bozizé dopo essere stato minacciato dai ribelli Séléka alle porte di Bangui, chiede aiuto all’ONU e alla Francia. Nel marzo 2013 Michel Djotodia, prende il potere, diventando così il primo presidente di fede islamica del Paese. Dall’ottobre dello stesso anno i combattimenti tra gli anti-balaka e gli ex-Séléka si intensificano e lo Stato non è più in grado di garantire l’ordine pubblico. Francia e ONU temono che la guerra civile possa trasformarsi in genocidio. Il 10 gennaio 2014 Djotodia presenta le dimissioni e il giorno seguente parte per l’esilio in Benin. Il 23 gennaio 2014 viene nominata presidente del governo di transizione Catherine Samba-Panza, ex-sindaco di Bangui.
Dall’era François Bozizé il Paese ha visto alternarsi ben quattro presidenti: Michel Djotodia, Alexandre-Ferdinand N’Guende, Catherine Samba-Panza e infine Faustin-Archange Touadéra, eletto nel marzo 2016.
Il 15 settembre 2014 arrivano anche i caschi blu dell’ONU (MINUSCA), che attualmente sono presenti con 12.870 uomini in divisa, oltre allo staff civile forte di 1.162 persone (tra volontari ONU, personale internazionali e locale).
Il 31 ottobre 2016 la Francia ritira ufficialmente le sue truppe dell’operazione Sangaris, che si è protratta per ben tre anni.
In base all’ONU, nella ex colonia francese 2,9 milioni di persone su una popolazione di 4,5 milioni necessitano di aiuti alimentari con la massima urgenza. Alla fine di aprile, secondo l’UNHCR, i rifugiati erano 598.985. Mentre gli sfollati sono 655.956 (al 28.02.2019), metà dei quali bambini, e migliaia di piccoli sono stati costretti a combattere con i gruppi armati.
di Cornelia I. Toelgyes