K metro 0 – Kiev – Volodymyr Zelensky, l’attore – soprattutto comico – ucraino 41nne, entrato poi in politica (secondo un “cursus honorum” tipico, negli ultimi decenni, di molte democrazie) ed eletto trionfalmente, a fine aprile, presidente dell’Ucraina, si è ufficialmente insediato il 20 maggio, come nuovo Capo dello Stato. Ma come primo atto, mantenendo una promessa
K metro 0 – Kiev – Volodymyr Zelensky, l’attore – soprattutto comico – ucraino 41nne, entrato poi in politica (secondo un “cursus honorum” tipico, negli ultimi decenni, di molte democrazie) ed eletto trionfalmente, a fine aprile, presidente dell’Ucraina, si è ufficialmente insediato il 20 maggio, come nuovo Capo dello Stato. Ma come primo atto, mantenendo una promessa fatta in campagna elettorale, ha sciolto la Rada, unica Camera del Parlamento ucraino, con l’obiettivo di raccogliere un’adeguata maggioranza parlamentare, al posto di quella attuale, ancora fedele al suo predecessore Poroshenko (la “pasionaria” Julia Timoshenko era già uscita di scena al primo turno delle presidenziali). Le elezioni anticipate erano previste per ottobre prossimo, mentre ora dovranno essere organizzate entro due mesi.
Zelensky, uomo senza esperienza politica e conosciuto per una serie TV di grande successo del 2015, “Servitore del popolo” (sulle vicende di un comune insegnante di storia che finisce per essere eletto presidente un po’ per caso), ha condotto una campagna elettorale dai toni populisti e incentrata sulla lotta alla corruzione e al potere degli oligarchi. Lui stesso, nato da genitori ebrei professionisti di rilievo, e già studente di Giurisprudenza alla National Economic University di Kiev, in realtà è meno lontano dalle élite dominanti di quanto voglia far credere: il suo partito, nato a marzo 2018 sull’onda del successo della serie TV, non è rappresentato nell’attuale Parlamento, eletto nel 2014. Nei rimanenti due mesi della legislatura, i deputati, su richiesta appunto di Zelensky, dovrebbero approvare due leggi, di stampo tra il liberale e il populista: una per rinunciare all’immunità parlamentare, l’altra contro i parlamentari che si arricchiscono illegalmente. Nel suo discorso di insediamento, il nuovo Presidente ha indicato come priorità quella di riportare la pace nell’est del Paese, dove dal 2014 è in corso il conflitto contro i separatisti filorussi, appoggiati più o meno apertamente da Mosca.
La solenne cerimonia di insediamento si è tenuta, come previsto, a Kiev, presso la Verkhovna Rada dalle 10 del mattino. Quasi come nella sua fiction, Zelensky – come riferiscono i media ucraini – è arrivato a piedi per il suo insediamento, da casa sua tagliando per il parco Mariinsky. Dopo aver solennemente prestato giuramento, e aver annunciato lo scioglimento della Rada, ha anche chiesto ai membri del governo di presentare le loro dimissioni (l’Ucraina, infatti, è una repubblica semi-presidenziale sul modello francese, col Presidente al centro degli equilibri istituzionali).
Nel suo discorso, il neopresidente Zelensky ha parlato anzitutto agli ucraini che vivono all’estero per chiedergli di tornare e costruire un’Ucraina più forte, promettendo di dare a tutti loro la cittadinanza. “Sono pronto a tutto purché gli ucraini non muoiano in guerra”, ha anche detto, aggiungendo, con toni kennediani, “Ognuno di noi è un presidente. Non il 73% che ha votato per me, ma il 100%”; e che “Non esiste un esercito forte in cui il governo non rispetti le persone che muoiono per l’Ucraina”. Riferendosi, infine, a una vecchia pratica, retaggio dell’Unione Sovietica, ha proclamato: “Per favore non appendere negli uffici delle mie foto, perché il presidente non è un idolo o un’icona”.
Il presidente russo Vladimir Putin – ha precisato subito Dmitry Peshkov, portavoce del Cremlino – si congratulerà col collega ucraino non dopo l’insediamento, ma dopo i suoi primi successi nel risolvere il conflitto nel Donbass e nel migliorare i rapporti con la Russia. “Contatti ad alto livello con l’Ucraina non sono all’ordine del giorno”, ha aggiunto Peshkov mettendo le mani avanti.
Per quanto riguarda la questione del Donbass, Mosca ribadisce che si tratta di “un problema interno ucraino, che il presidente dell’Ucraina può e dovrebbe risolvere, basandosi principalmente su un piano chiaro delineato negli accordi di Minsk” del settembre 2014. Accordi che, firmati, sotto l’egida dell’OSCE, da Ucraina, Federazione Russa e Repubbliche separatiste filorusse di Doneck e Lugansk, prevedevano il cessate il fuoco per tutte le parti, lo scambio dei prigionieri e la concessione, da parte di Kiev, di maggiore autonomia alla regione del Donbass (abitata, in gran parte, da popolazioni di etnia russa).
È chiaramente presto per prevedere quali saranno le prime mosse di Zelensky per chiudere in modo onorevole il devastante conflitto che dal marzo 2014 (dal distacco della Crimea da Kiev), vede contrapporsi, per il controllo appunto della Crimea e del Donbass, un’Ucraina ormai da anni orientata verso la UE e la stessa NATO e una Russia “neo imperiale”, preoccupata di trovarsi le due massime organizzazioni dell’Occidente sulla porta di casa.
Dai conservatori, Zelensky è considerato un uomo di Mosca: all’opposto, gli elementi filorussi della “Nomenklatura” lo ritengono troppo legato a Bruxelles e a Washington. Quel che è certo, è che l’Ucraina è entrata in una fase decisamente nuova della sua storia.
Redazione con Salvatore Rondello