K metro 0 – Skopje – Il socialdemocratico Stevo Pendarovski, 56 anni, un esperto di Relazioni internazionali, docente all’ American University College di Skopje, è il nuovo Presidente della Macedonia del Nord, avendo trionfato, col 51,7% dei voti, contro la rivale, la candidata nazionalista Gordana Siljanovska-Davkova, giunta al 44,7%. Questi i risultati del secondo turno delle elezioni
K metro 0 – Skopje – Il socialdemocratico Stevo Pendarovski, 56 anni, un esperto di Relazioni internazionali, docente all’ American University College di Skopje, è il nuovo Presidente della Macedonia del Nord, avendo trionfato, col 51,7% dei voti, contro la rivale, la candidata nazionalista Gordana Siljanovska-Davkova, giunta al 44,7%.
Questi i risultati del secondo turno delle elezioni presidenziali, dopo il primo turno del giorno di Pasqua, che aveva visto i due candidati raccogliere percentuali quasi identiche (42,72% contro 42,58). Mentre la Siljanovska-Davkova è progredita di pochissimo, per Pendarovski, candidato dell’attuale maggioranza di governo (comprendente il Partito socialdemocratico e il partito Dui, espressione della minoranza albanese), è stato determinante il voto dei cittadini di origine albanese: che gli ha permesso di superare ampiamente il quorum del 40% previsto dalla Costituzione per il secondo turno delle presidenziali. L’ affluenza alle urne è stata del 44%, di poco superiore a quel 41,92% del 21 aprile scorso, che, tasso in assoluto più basso sin dall’indipendenza del Paese dall’ ex-Jugoslavia nel 1991, aveva fatto parlare i politologi di allineamento ai trend di distacco degli elettori dalla politica tipici, nell’ ultimo quarantennio, di molte democrazie occidentali.
A causare la sconfitta della Siljanovska-Dalkova, candidata del partito di destra, nazionalista ed euroscettico (dal difficile nome), VNRO-DPMNE, assimilabile in parte a quello conservatore ungherese di Viktor Orbàn, è stata sprcialmente la sua sostanziale ostilità alla minoranza di origine albanese: nel 2017- ’18, infatti, la candidata si era detta nettamente ostile alla progettata adozione dell’albanese come seconda lingua ufficiale della Macedonia. Oltre a contrastare fortemente il trattato di amicizia con la Bulgaria concluso dal Governo (posizione, questa, espressiva delle storiche rivalità tra i due Paesi esistenti sin dalle prime guerre balcaniche di un secolo fa), e soprattutto l’intesa con la Grecia del giugno 2018 sul nuovo nome del Paese (Repubblica della Macedonia del Nord).
Pendarovski, noto come europeista, in passato già consulente per due presidenti (uno di centrodestra e uno di centrosinistra), e già candidato socialdemocratico alla presidenza, sconfitto, nel 2014, ha saputo intercettare la richiesta della maggioranza dei cittadini, e soprattutto della borghesia imprenditoriale piu’ dinamica, di entrare nei circuiti determinanti dell’economia europea (il Paese è tra i 6 dei Balcani “bussanti” alle porte della UE, che dovrebbero aprirsi nel 2025).
“Questa vittoria dà un futuro alla Repubblica della Macedonia del Nord e costituisce il nostro biglietto per l’Europa”, ha detto Pendarovski all’annuncio dei risultati. Il premier Zoran Zaev, vero depositario del potere politico (il Capo dello Stato ha poteri poco piu’ che onorifici), si è congratulato con il neopresidente aggiungendo che il Paese ha “dimostrato di essere pronto per l’Europa”.
E’ la prima volta che un presidente viene eletto grazie al sostegno contemporaneo di un partito macedone e di uno della minoranza albanese: segno di una maggiore unità del Paese. Queste elezioni, inoltre, sono le prime dall’ entrata in vigore dell’accordo con la Grecia sul cambio di nome dello Stato; ora, il “tandem” Pendarovski- Zaev riprenderà con forza i negoziati per l’entrata del Paese nella UE e nella NATO. Scelta, quest’ultima, che la maggioranza dei macedoni caldeggia nella ricerca di maggior sicurezza: di fronte a una situazione balcanica – e, piu’ in generale, dell’Europa orientale – dove diversi sono i nuovi fattori di tensione. Dal contrasto russo-ucraino alla ripresa, in Bosnia-Erzegovina, dell’indipendentismo della minoranza serba, fortemente appoggiato da Belgrado.