K metro 0 – Lombardia – L’ambulatorio. Questo era il soprannome del bar di Gallarate dove Gioacchino Caianiello, ex coordinatore forzista a Varese, riceveva i propri “pazienti” e qui metteva in atto quello che viene definito dagli inquirenti “un sistema corruttivo di stampo feudale in cui i vassalli riconoscono la decima parte al sovrano”. In
K metro 0 – Lombardia – L’ambulatorio. Questo era il soprannome del bar di Gallarate dove Gioacchino Caianiello, ex coordinatore forzista a Varese, riceveva i propri “pazienti” e qui metteva in atto quello che viene definito dagli inquirenti “un sistema corruttivo di stampo feudale in cui i vassalli riconoscono la decima parte al sovrano”. In sostanza, Caianiello si impegnava a far ottenere a professionisti e imprese compiacenti fittizi incarichi di consulenza da parte di società a partecipazione pubblica varesine, in cambio della successiva ‘retrocessione’ agli associati “di parte del corrispettivo incassato a fronte dell’incarico stesso”. In più, gli indagati si prodigavano a indirizzare bandi “per l’assunzione di personale direttivo e dirigente in società a partecipazione pubblica”, oltre a promettere l’affidamento a “predeterminate imprese di appalti per l’esecuzione di opere commissionate dalle stesse società pubbliche”, nonché “all’istigazione alla corruzione amministratori pubblici”. C’è poi un particolare curioso di “corruzione alla seconda”, come viene definito dagli investigatori, perché si concretizza dopo la condanna per concussione nel 2018: Caianiello fece ottenere a un imprenditore il cambio di destinazione urbanistica di un’importante area del Comune di Gallarate, da industriale a commerciale, nell’ambito della variante generale al Piano di governo del territorio comunale in fase di approntamento. Sempre in ambito urbanistico, e sempre nell’ambito della stessa variante al Pgt, è stato riscontrato un altro ‘intervento’ a vantaggio di un altro imprenditore, per l’accoglimento del contributo partecipativo relativo a un complesso immobiliare soggetto a vincoli paesaggistico-ambientali.
Un altro luogo di ristoro, il ristorante da Berti, era invece il quartiere generale degli indagati del secondo filone di inchiesta, quello milanese, che ruota attorno all’imprenditore Daniele D’Alfonso, presidente di Ecol-Service srl e ai suoi rapporti con la ‘ndrina Molluso. Un’inchiesta quella sotto il Duomo che coinvolge due esponenti politici lombardi azzurri, il consigliere regionale e sottosegretario all’area Expo Fabio Altitonante e il consigliere comunale Pietro Tatarella. Le indagini sul mondo politico partono dal 2018 e arrivano fino a fine marzo 2019, “subendo un’accelerata in occasione della campagna elettorale per le elezioni 2018”, come dice il sostituto procuratore Silvia Bonardi. Sono stati dunque riscontrati dalla Procura “finanziamenti a Fabio Altitonante e ad altri soggetti nelle liste di Forza Italia e di Fontana presidente”. In particolare, per il pool di procuratori, Tatarella ha introdotto D’Alfonso nel suo mondo politico, sfruttando il suo essere “consulente stabile sulla carta” di Ecol (a 5.000 euro al mese di ‘stipendio’), e indicando all’imprenditore le somme da elargire e i politici da contattare. Un secondo filone di finanziamenti che viene giudicato collegato a tentativi di corruzione, a carico di Altitonante e Tatarella riguarda lo sblocco di una pratica edilizia per una villa di un manager di una multinazionale. Il manager avrebbe finanziato Tatarella e Altisonante, permettendo a quest’ultimo di attivarsi con gli uffici dell’urbanistica in Comune a Milano per la ‘soluzione’ al problema. La questione di finanziamenti illeciti tocca invece il deputato forzista Pietro Sozzani: nel suo caso la misura degli arresti domiciliari è sospesa in attesa dell’autorizzazione a procedere da parte della Camera.
Ma a Milano è emersa anche, evidenziano gli investigatori, “la turbativa di gare bandite da società multi-utility facenti parte di un noto gruppo societario del settore energia e ambiente lombardo, attraverso la realizzazione di un cartello di imprese in accordo tra loro al fine di spartirsi l’aggiudicazione di singoli lotti”. Ci sono stati anche favoritismi nell’assegnazione di appalti, corruzioni per il rilascio di autorizzazioni amministrative relativamente a immobili sottoposti a vincoli paesaggistici o per avere informazioni privilegiate e riservate sulle procedure di gara. In questo ultimo caso, un imprenditore mirava ad alterare gli affidamenti di appalti cosiddetti “sottosoglia”, mediante l’utilizzo di imprese di comodo cui far destinare fittizie lettere di invito ad offrire. Contestualmente all’esecuzione dei provvedimenti cautelari personali, sono stati eseguiti vari decreti di perquisizione, anche in sedi di enti pubblici, tra i quali il Comune di Milano, e società di servizi di Milano, Varese e Novara, nonché il sequestro preventivo delle disponibilità finanziarie degli indagati fino a 130.000 euro, equivalenti al profitto dei reati di corruzione accertati.
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