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Parigi. Importante mostra al Museo d’Orsay, raccoglie testimonianze artistiche sull’identità afro-europea  

Parigi. Importante mostra al Museo d’Orsay, raccoglie testimonianze artistiche sull’identità afro-europea  

K metro 0 – Parigi – Il Museo d’Orsay di Parigi ospiterà fino al 21 luglio prossimo, l’imperdibile mostra “Le modele noir, da Géricault a Matisse”. Il titolo è volutamente ambiguo, (questo doppio senso ce    lo conferma il Presidente del Museo, come si legge nel catalogo) dal momento che il visitatore può utilizzare entrambe le accezioni

K metro 0 – Parigi – Il Museo d’Orsay di Parigi ospiterà fino al 21 luglio prossimo, l’imperdibile mostra “Le modele noir, da Géricault a Matisse”. Il titolo è volutamente ambiguo, (questo doppio senso ce    lo conferma il Presidente del Museo, come si legge nel catalogo) dal momento che il visitatore può utilizzare entrambe le accezioni del termine modello…modello in quanto un soggetto è in posa per un artista, oppure la parola è da intendersi come esempio, figura di riferimento?

Comunque sia, la mostra ha voluto raccogliere opere e testimonianze di vario genere, che hanno come comune denominatore quello di rappresentare o riferirsi a donne e uomini dalla pelle nera, che nel corso della loro vita si sono imbattuti in pittori, scultori, scrittori o fotografi ed hanno stabilito con loro un rapporto importante e complesso, un   dialogo intimo e profondo che   dalle opere traspare, come sempre accade tra soggetto ispiratore e artista.

I volti ritratti sono, però, caduti nell’oblio, così come le loro vite: per questo, la mostra ha voluto restituire a tutti un’identità, trasformando la figura in individuo, l’immagine in esistenza ed ha riconosciuto l’importanza di un tema finora trascurato, ovvero quello del ruolo delle persone di colore e dell’importante segno da loro impresso nella storia dell’arte e nella società.

Nonostante il suo carattere unitario, la mostra si può dividere in tre percorsi, corrispondenti ad altrettante fasi storiche – l’abolizione della schiavitù (1794-1848), l’epoca della cosiddetta Nuova pittura (Manet, Bazille, Degas, Cézanne) e quella delle prime avanguardie novecentesche, passando per le arti figurative, il teatro, la fotografia e testi scritti.

Il nero esotico, bestiale, misterioso o circense affascina e riempie la scena nei vari ambiti della cultura.

Le opere esposte partono, quindi, dal periodo della Rivoluzione francese fino alla comparsa della Negritudine, all’inizio del secolo scorso: un arco di tempo denso di avvenimenti e caratterizzato da grandi trasformazioni in ogni settore della società, nel corso del quale si vengono a delineare ed affermare un’iconografia ed un’identità nera.

Nel primo segmento della mostra spicca come artista più significativo Theodore Gericault, avverso a Napoleone quando cercherà di ripristinare lo schiavismo nei Caraibi. Il pittore metterà la sua arte a servizio di questa causa, ritraendo neri con tratti forti, che esprimono energia e sofferenza insieme.

Altri sono i toni della seconda sezione, dove si respira la nuova aria ottocentesca e dove l’attenzione è catturata da un’interessante commistione tra arte e letteratura con il ricordo dello scrittore Alexandre Dumas, nipote di una schiava affrancata di Santo Domingo e dell’attrice haitiana Jeanne Duval, musa e amante appena adolescente di Baudelaire. La giovane infiammò a tal punto l’animo del poeta da essere presente nei suoi disegni e nelle poesie esotiche dei Fiori del male, così apprezzate da Manet e da Matisse. Théodore de Banville, nei suoi Ricordi la descrive come “una ragazza di colore, di statura molto alta, che portava ingenua e superba la sua testa corvina, incoronata da una capigliatura violentemente riccioluta, e la cui andatura regale, piena di una grazia selvaggia, aveva un che di divino e di bestiale al tempo stesso”.

Vista la pluralità dei linguaggi artistici presenti nella mostra, e ‘da ricordare il contributo del fotografo Nadar, che riprodurrà nei suoi scatti, dopo il 1850, il mondo rappresentato da Dumas e di Baudelaire.

Nella pittura, invece, Manet, Degas e Cezanne ci offrono i loro modelli provenienti dalla gente di colore già al tempo ormai stabilmente stanziata in Francia. Ecco quindi il famosissimo “Olympia” di Manet, nel quale il corpo nudo della donna distoglie l’attenzione dalla domestica nera con i fiori, che ora ha un nome, Laure, una schiava caraibica che Manet ha raffigurato più volte in altri quadri, come “La negra” e “Bambini alle Tuileries”.

La terza ed ultima sezione definisce e completa l’individualità dei soggetti ritratti, con le figure femminili   di Gauguin, fino allo lo studio della statuaria africana di Picasso, che nelle “Demoiselles d’Avignon” ritrae il viso di una delle cinque figure con le fattezze di una maschera africana.

Infine, la mostra espone i quadri di Matisse successivi al suo viaggio a New York, alla sua esperienza ad Harlem ed alla sua conoscenza della musica jazz, rielaborata in senso pittorico in linee sottili e in tratti stilizzati dei visi di diverse modelle meticce, come   Elvire, belga-congolese, che incarna l’Asia nel bellissimo quadro del 1946 o l’haitiana Carmen Lahens.

A tutti, ora, viene finalmente riconosciuto un nome, a tutti la loro storia.

 

di Valentina Pugliese 

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