K metro 0 – Parigi – C’è molta attesa, in Francia, a proposito delle risposte del presidente Macron alla forte richiesta di cambiamento che sale dal Paese, espressasi, negli ultimi mesi, nella protesta ricorrente dei “Gilet gialli”. Intanto, il dramma di Notre Dame, la sera del 15 aprile, ha polarizzato l’attenzione dell’opinione pubblica, distogliendola dal
K metro 0 – Parigi – C’è molta attesa, in Francia, a proposito delle risposte del presidente Macron alla forte richiesta di cambiamento che sale dal Paese, espressasi, negli ultimi mesi, nella protesta ricorrente dei “Gilet gialli”. Intanto, il dramma di Notre Dame, la sera del 15 aprile, ha polarizzato l’attenzione dell’opinione pubblica, distogliendola dal discorso in diretta che Macron avrebbe dovuto pronunciare alle 20 di lunedì: appuntamento rinviato. Martedì 16 aprile, il Capo dell’Eliseo in un breve discorso televisivo, ha chiesto in sostanza ai francesi una pausa nel dibattito politico, a causa dei gravi avvenimenti di Notre Dame, che richiedono il massimo impegno da parte del Governo e dell’amministrazione municipale di Parigi. Ha promesso, però, che la necessità di affrontare la situazione di Notre Dame non diminuirà il suo sforzo per trovare soluzioni adeguate alle disuguaglianze economiche al centro della protesta dei francesi.
Dopo aver affrontato il problema della Basilica, ha precisato il Presidente, lui stesso esporrà al Paese le sue proposte per la situazione economica. “Tornerò da voi, come ho promesso, nei prossimi giorni”, ha detto ancora Macron: chiedendo al popolo francese di pensare, per ora, soprattutto a Notre Dame.
Di “cambiamenti profondi” e di “passi concreti”, che dovranno scaturire da “progetti prioritari” per un rinnovamento dell’economia e della società francesi, aveva parlato Macron in questi giorni (intervenendo anzitutto su Twitter). Riecheggiando il De Gaulle della primavera- estate del ’68: che, poco dopo la grande rivolta studentesca (e, in parte, anche operaia) del “Maggio francese”, preannunciò una serie di energici provvedimenti per attenuare le differenze sociali e le carenze nelle infrastrutture, soprattutto in scuola e Università. “Progetti prioritari”, questi di Macron, ideati dopo il “Grande dibattito nazionale” sui mali del Paese e le possibili terapie partito a gennaio scorso, e conclusosi pochi giorni fa: e ai quali il Presidente ha fatto gli ultimi ritocchi nei colloqui dell’ultimo finesettimana con il premier Eduard Philippe e il presidente dell’Assemblea nazionale, Richard Ferrand.
Non sono ancora noti i dettagli dei provvedimenti nell’agenda del Governo; ma le prime indiscrezioni filtrate dalla cerchia del Presidente accennano anzitutto all’esclusione della reintroduzione dell’imposta patrimoniale (misura effettivamente richiesta dai Gilet gialli nelle loro proteste). Si parla, poi, di un probabile ammorbidimento dell’imposta sul reddito, basato su criteri di progressività; e della reindicizzazione, nei confronti dell’inflazione, delle pensioni più basse, da tempo “sterilizzate”. Non si esclude, inoltre, l’apertura di discussioni anche su temi più strettamente istituzionali: come anzitutto il sistema elettorale del Parlamento, con possibili modifiche del classico maggioritario francese in senso proporzionale (tema, quest’ultimo, in discussione sin dalla seconda presidenza Mitterrand).
A queste consistenti aperture di Macron sulle riforme sociali e istituzionali potrebbe però far da contrappeso un certo irrigidimento nazionalista in campo culturale. E’ proprio di questi giorni, infatti, a poche settimane dalla visita in Francia del Presidente Mattarella, per il 500mo della morte di Leonardo da Vinci, la sottoscrizione, da parte di molti docenti francesi e di importanti personalità italiane (lo scrittore Andrea Camilleri, l’attore Ascanio Celestini, gli storici Luciano Canfora e Carlo Ginzburg, e altri) di un appello al Governo Philippe contro la graduale riduzione, in atto dal 2013, dei posti messi a concorso , in Francia, per l’insegnamento dell’ italiano nelle scuole (ridottisi, per quest’anno, a soli 5).
Intanto, il consenso che i Gilet gialli stanno in parte perdendo in patria (alle ultime loro manifestazioni, non erano più presenti migliaia di persone) sembra rifiorire altrove: sabato 13 aprile, alle ultime dimostrazioni svoltesi nella Tripoli quasi assediata dalle milizie ribelli di Haftar, di protesta contro le ingerenze francesi nella crisi libica, era presente, appunto, anche una rappresentanza del movimento di protesta transalpino.
di Fabrizio Federici