K metro 0 – Tripoli – Il tentativo del segretario generale delle Nazioni Unite Antonio Guterres è fallito “miseramente, ormai siamo in una situazione di conflitto vero e proprio”. Lo dicono fonti libiche, dopo l’incontro a Bengasi tra Guterres ed il generale Khalifa Haftar, il cui obiettivo, nelle parole del numero uno del Palazzo di
K metro 0 – Tripoli – Il tentativo del segretario generale delle Nazioni Unite Antonio Guterres è fallito “miseramente, ormai siamo in una situazione di conflitto vero e proprio”. Lo dicono fonti libiche, dopo l’incontro a Bengasi tra Guterres ed il generale Khalifa Haftar, il cui obiettivo, nelle parole del numero uno del Palazzo di Vetro, era quello di “evitare un confronto militare”. Una richiesta cui Haftar – le cui forze sarebbero arrivate in prossimità dell’aeroporto internazionale di Tripoli – ha risposto dichiarando che “le operazioni verso la capitale continueranno finché non sarà sconfitto il terrorismo”. “Non si era mai visto un segretario generale dell’Onu umiliato così, con un’operazione militare avviata in occasione di una sua visita”, sottolineano le fonti. Lo stesso Guterres, del resto, non ha nascosto la sua frustrazione nel tweet pubblicato al termine del suo incontro con Haftar: “Lascio la Libia con il cuore pesante e profondamente preoccupato. Spero ancora che sia possibile evitare un confronto sanguinoso a Tripoli e fuori Tripoli”.
L’Eni nel frattempo ha evacuato tutto il personale italiano, a seguito all’annuncio del generale Khalifa Haftar di voler marciare su Tripoli. Secondo fonti della compagnia si tratta di “una decisione precauzionale”, come già avvenuto in altre occasioni. Il personale italiano dell’Eni in Libia è presente a Tripoli, nel giacimento di Wafa, in Tripolitania, e in quello di El Feel, a sud. L’evacuazione è avvenuta in raccordo con la Farnesina.
Ue.“Siamo profondamente preoccupati dall’escalation militare in corso in Libia, che rischia seriamente di portare ad uno scontro incontrollabile. Chiediamo a tutte le parti di allentare la tensione e cessare tutte le provocazioni”. Così un portavoce della Commissione europea ha dichiarato. “Come detto più volte, non ci può essere una soluzione militare alla crisi libica – ha proseguito -. I politici devono agire in modo responsabile e mettere l’interesse nazionale per primo”.
Preoccupazione è stata espressa anche dai ministri degli Esteri del G7, con l’Alto rappresentante dell’Unione Europea, esortando tutte le parti coinvolte ad interrompere immediatamente ogni azione militare e ogni ulteriore movimento verso Tripoli, che stanno compromettendo le prospettive del processo politico guidato dalle Nazioni Unite, rischiando di mettere in pericolo la popolazione civile e di prolungare le sofferenze del popolo libico.
In realtà le notizie che arrivano dal terreno indicano che ormai è in corso un conflitto vero e proprio tra le forze del generale e quelle a lui avverse, che si sono ricompattate di fronte ad un Haftar comunque intenzionato ad andare avanti. “Il generale pensa di poter e dover entrare a Tripoli, non è detto che ci riesca, ma ormai non può più fermarsi, è anche una questione di immagine – sottolineano le fonti – E pure se decidesse di farlo, a questo punto non lo farebbero le forze che si sono coalizzate contro di lui”. Emblematico l’irrigidimento del ministro degli Interni Fathi Bashagha, misuratino, considerato un ‘costruttore di ponti’ all’interno del governo di accordo nazionale, durissimo nelle sue dichiarazioni contro Haftar. Che a questo punto si trova in un certo senso costretto a non tornare indietro anche perché, “se non riesce a imporsi con la forza, la comunità internazionale gliela farà pagare -sostengono le fonti – Gli Stati Uniti sono stati molto chiari nel dire che non avrebbero accettato un’operazione militare su Tripoli. E se le cose non andranno bene, anche Paesi come gli Emirati, che hanno dato il loro via libera all’operazione, alla fine potrebbero prendere le distanze”.
In ogni caso, che Haftar riesca o meno a entrare a Tripoli, “il Paese, già in ginocchio, soffrirà altre vittime e distruzioni, senza contare che tutto questo fa il gioco degli elementi più radicali”. E la Conferenza nazionale, convocata dall’inviato delle Nazioni Unite Ghassan Salamé per il 14-16 aprile a Ghadames, seppur ancora ufficialmente in calendario, quasi certamente non ci sarà. Rischiava di essere un esercizio inutile già prima degli ultimi sviluppi, con il generale ed il capo del Consiglio presidenziale Fayez Serraj tutt’altro che intenzionati a rivedersi per definire l’accordo sulla formazione del nuovo governo e la riunificazione delle istituzioni, ma a questo punto sembrano non esserci neanche più le condizioni minime perché si tenga.
I membri del Consiglio di Sicurezza dell’Onu intanto hanno espresso “profonda preoccupazione per le attività militari a Tripoli, che mettono a rischio la stabilità del paese, le prospettive per una mediazione dell’Onu e una soluzione politica globale alla crisi”. In una dichiarazione chiedono “all’Esercito Nazionale Libico (Lna) del generale Khalifa Haftar di fermare tutte le attività militari”, e “a tutte le parti una de-escalation militare perché non può esserci una soluzione militare al conflitto”. Hanno poi espresso la volontà di ritenere responsabile chi porta avanti il conflitto, lanciando un “appello a tutte le parti perché riprendano il dialogo e attuino l’impegno ad un’azione costruttiva sul processo politico dell’Onu”.