K metro 0 – Torino – Un giovane ha confessato di essere l’autore dell’omicidio di Stefano Leo, il 33enne di Biella sgozzato lo scorso 23 febbraio a Torino in pieno giorno lungo il fiume Po. Si chiama Said Machaouat, 27 anni, è un italiano di origini marocchine con piccoli precedenti penali. Ieri pomeriggio, poche ore dopo la
K metro 0 – Torino – Un giovane ha confessato di essere l’autore dell’omicidio di Stefano Leo, il 33enne di Biella sgozzato lo scorso 23 febbraio a Torino in pieno giorno lungo il fiume Po. Si chiama Said Machaouat, 27 anni, è un italiano di origini marocchine con piccoli precedenti penali. Ieri pomeriggio, poche ore dopo la marcia organizzata dagli amici e dal padre della vittima per chiedere di far luce sul delitto, il giovane si è presentato in Questura: la polizia ha immediatamente avvisato i carabinieri che indagano sull’omicidio, coordinati dai sostituti procuratori Ciro Santoriello e Enzo Bucarelli. Machaouat è stato quindi portato al Comando provinciale di Torino, dove attorno alle 23,30 è stato dichiarato in stato di fermo.
“Gli viene richiesto del perché abbia ucciso quel ragazzo e perché lo abbia ucciso in quel modo e la risposta è stata: io volevo uccidere un ragazzo come me, togliergli tutte le promesse che aveva, dei figli, toglierlo ai suoi amici e parenti”. È quanto ha riferito Giuliano Gerbo, il comandante del nucleo investigativo dei carabinieri di Torino, parlando della confessione Said Machaouat, nel caso noto come “delitto dei Murazzi”. Il giovane, con precedenti per maltrattamenti in famiglia, secondo quanto hanno riferito i carabinieri, non ha mostrato pentimento e ha detto di aver scelto Stefano perché gli “sembrava troppo felice”. Secondo la ricostruzione dei carabinieri, l’omicida quella mattina si era recato a comprare un set di coltelli perché era combattuto tra il compiere un omicidio e il togliersi la vita. “Prima di uccidere, ha spiegato Francesco Rizzo, comandante provinciale dei carabinieri di Torino, Said ha avuto una discussione per futili motivi con una persona seduta su una panchina, accusandola di averlo fotografato”. Il giovane era tornato a Torino nel gennaio 2019. Aveva perso il lavoro, poi era partito per Ibiza e per il Marocco. Tornato nel capoluogo piemontese viveva di espedienti e dormiva in un rifugio per senza fissa dimora in piazza d’Armi. Dopo l’omicidio ha nascosto il coltello da cucina in una cassetta elettrica e secondo quanto riferito da lui stesso ai carabinieri, voleva riutilizzarlo. Poi si è consegnato alle forze dell’ordine per paura di compiere altri gesti di questo tipo.
“Il pensiero che Stefano sia morto per uno sguardo, forse per un sorriso che aveva regalato al suo assassino, è inaccettabile”. Non si dà pace Maurizio Leo, padre del 34enne Stefano, ucciso lo scorso 23 febbraio in riva al Po, a Torino, da Said Machaouat, che ha confessato di averlo fatto perché non sopportava di vederlo felice. “E’ come se lo avessero ucciso un’altra volta – aggiunge senza riuscire a nascondere l’emozione – non riesco a farmene una ragione”.
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