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Brexit: a dieci giorni dalla “deadline”, richiami al Regno Unito dai ministri degli Esteri di Francia, Germania e Romania

Brexit: a dieci giorni dalla “deadline”, richiami al Regno Unito dai ministri degli Esteri di Francia, Germania e Romania

K metro 0 – Londra – A soli dieci giorni dalla dead-line formale per la Brexit, la situazione – per la Gran Bretagna e specialmente per il Premier, Theresa May – si complica ancor più. Mentre, infatti, lo Speaker della Camera dei Comuni, John Bercow, ha ammonito il governo sull’impossibilità di far votare per la

K metro 0 – Londra – A soli dieci giorni dalla dead-line formale per la Brexit, la situazione – per la Gran Bretagna e specialmente per il Premier, Theresa May – si complica ancor più. Mentre, infatti, lo Speaker della Camera dei Comuni, John Bercow, ha ammonito il governo sull’impossibilità di far votare per la terza volta il Parlamento sul progetto di Brexit del Premir (a meno che non venga adeguatamente modificato), richiami all’urgenza di decidere al più presto sui modi del “divorzio” sono venuti oggi, 19 marzo, al Regno Unito da vari partner della UE.

Il ministro degli Esteri francese, Loiseau, in un intervento ufficiale ha ironizzato anzitutto sui parlamentari britannici, che sembrano non volere né una Brexit senza accordi, né un accordo di uscita pur sempre migliorabile, ma comunque realistico. Se il vertice che l’Unione Europea ha in programma questo fine settimana, appunto per sciogliere il nodo Brexit, non produrrà alcuna intesa, la scadenza del 29 marzo – ha ricordato al Regno Unito il titolare del Quay d’Orsay – arriverà inesorabilmente, e senza un accordo. “Noi della UE- ha sottolineato Loiseau – abbiamo buona volontà, ma abbiamo anche cittadini, società, aziende, cui rendere conto di quello che sta succedendo”.

Si è aggiunto, a ruota, il ministro degli Esteri tedesco, Roth: ricordando agli inglesi che “la Brexit non è un gioco, e la UE è stanca di due anni di tortuosi e infruttuosi negoziati sul distacco della Gran Bretagna”. Parlando poi con gli altri partner europei per la preparazione del vertice che, da giovedì 21 marzo, dovrà obbligatoriamente raggiungere un’intesa col Regno Unito, Roth ha sottolineato di attendersi “chiare e precise proposte” dal Governo britannico; o, in alternativa, che la May si decida almeno a chiedere formalmente, per il suo Paese, un rinvio della data di uscita.

Anche il ministro degli Esteri rumeno, George Ciamba, è intervenuto per precisare che la UE, da giovedì, si riunirà anzitutto per considerare proprio la possibilità di accordare una proroga al Regno Unito.

In risposta a tutte queste sollecitazioni, Stephen Barclay, Segretario britannico per la Brexit, ha detto ieri, in un’intervista televisiva all’emittente Sky, che il governo di Sua Maestà tiene in massima considerazione il monito dello Speaker della Camera bassa sull’impossibilità e l’inopportunità di un terzo voto sul progetto May per la Brexit (mentre vari politici dell’area di governo ieri avevano criticato fortemente l’intervento di Bercow, parlando addirittura di forzatura della Costituzione). Ma per il governo, ha ricordato Barclay, apportare modifiche adeguate al progetto di Brexit, che possano legittimare un’ulteriore votazione parlamentare, richiede tempo, e una speciale attenzione a tutti i dettagli dell’accordo.

Intanto, il clima nel Regno Unito è di apprensione e pessimismo: misti, in alcuni ambienti politici e intellettuali, a una comprensibile, quanto però inutile, acrimonia nei confronti di David Cameron, il Premier tory che giocò tutta la sua fortuna politica ideando appunto il referendum popolare sulla Brexit (che pensava di vincere, con un forte “Yes” all’ ipotesi del “Remain”). Si aggiungono tensioni tra le comunità britanniche e irlandesi all’estero: per la festa di San Patrizio, domenica scorsa a New York, Londra non dimentica i cori di tanti irlandesi viventi negli USA che, riferendosi alla possibilità di future complicazioni doganali, commerciali e politiche al confine tra Eire e Ulster (non escluso un possibile riaccendersi del terrorismo irredentista), hanno gridato a più riprese “Fuori la Gran Bretagna dall’ Irlanda”.

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