K metro 0 – Roma – La giornata dell’Assemblea nazionale del Pd, che fa seguito al voto delle primarie del 4 marzo, si apre all’alba, con le trattative estenuanti per i posti in direzione, l’organo di indirizzo politico del partito (a dimostrazione che il lupo democristiano delle correnti perde il pelo ma non il vizio,
K metro 0 – Roma – La giornata dell’Assemblea nazionale del Pd, che fa seguito al voto delle primarie del 4 marzo, si apre all’alba, con le trattative estenuanti per i posti in direzione, l’organo di indirizzo politico del partito (a dimostrazione che il lupo democristiano delle correnti perde il pelo ma non il vizio, come i delegati scopriranno alla fine dell’Assemblea, mentre ancora erano in corso febbrili trattative sui nomi). L’Assemblea è tutto un inno al “nuovo” (l’aggettivo più usato nella relazione di Zingaretti), alla “ripartenza”, alla “comunità unita e plurale”. Ma poi, si scopre che le quattro aree della nuova minoranza interna non trovano la quadra e le trattative vanno avanti fino a un minuto prima del voto, della serie “uniti sì, ma i posti contano”. I numeri a favore del segretario sono implacabili e lasciano ben poco spazio a Maurizio Martina, Luca Lotti, Matteo Orfini e Roberto Giachetti: i votanti sono stati 1.582.083, 7 mila i seggi, 10.214 cittadini che hanno votato all’estero nei 142 seggi in tutti i continenti. Le schede bianche o nulle sono state 12.455, mentre i voti validi sono stati 1.569.628 (molto lontani dal quel milione e 800mila gridato la sera delle primarie). Per Maurizio Martina hanno votato in 345.318 persone pari al 22% del totale; per Nicola Zingaretti hanno votato 1.035.955 persone pari a 66%; per Roberto Giachetti 188.355 persone, il 12%. In virtù di questi dati, sarà composta l’assemblea nazionale con 451 donne e 549 uomini. Sono 119 i delegati per Roberto Giachetti, pari all’11,9% dell’assemblea; 228 i delegati per Maurizio Martina, pari al 22,8%; 653 delegati per Nicola Zingaretti, pari al 65,30%. Stesse proporzioni per la direzione. O quasi, come si vedrà in seguito.
La relazione di Zingaretti: “ripartenza”, “nuovo Pd”, “abbandono della vocazione maggioritaria”, “campo democratico”
“Costruire il nuovo Pd, cambiare il suo organigramma, cambiare molto, forse tutto”. Anche attraverso un nuovo Statuto, che “prepareremo insieme”. Ma per arrivare a tutto questo basta con le correnti, con il partito a immagine personale e la contrapposizione tra maggioranza e opposizione come fossero dei “blocchi di marmo”. Un partito senza porte chiuse, aperto alla società, a “forze diverse”, moderate, per battere un governo ormai “salvinizzato” e “pericoloso” tanto nella Lega che nel Movimento 5 Stelle. Insomma, il Pd deve “tornare alla sua missione”, deve “voltare pagina”. Nicola Zingaretti viene ufficialmente proclamato segretario del Pd e ha spiegato, in un intervento durato un’ora e venti (integrato dalla breve replica seguita al dibattito), quella che è e sarà la sua ricetta per riportare il Partito democratico a vincere le elezioni e tornare a guidare il Paese. Perché “tutti i sondaggi indicano un significativo aumento di consenso” per il Pd, la situazione politica “sta cominciando di nuovo a muoversi”. Un partito che “deve cambiare molto, forse tutto”, ha detto senza remore. Si “deve voltare pagina”, a cominciare dagli scontri fra correnti che hanno caratterizzato gli ultimi tempi. “Dobbiamo costruire un nuovo Pd”, perché “non credo in un partito in cui le idee sono la logica filiera di gestione del potere”. “Basta con la freddezza dei terminali correntizi”, ha sottolineato, chiedendo “più luoghi dove ci si confronti. Luoghi in cui non c’è una metallica rappresentazione dell’organizzazione del leader. Bisogna destrutturare tutto questo”. Eliminare, ha chiesto Zingaretti, “il correntismo esasperato” abbattendo “le idee di un partito fatto da tanti io per riscoprire il partito del noi” (ma non dice come si passa al noi). Un quadro che potrà essere realizzato, non ha avuto dubbi Zingaretti, con la definizione di un nuovo Statuto, da “scrivere tutti insieme”. L’obiettivo, ha rilevato, “è quello di costruire una Italia più felice di questo presente”. Partendo dal fatto, ha aggiunto, che “del grande campo democratico che si batte contro destra e 5 Stelle potranno farne parte anche forze diverse, forze civiche ma anche di orientamento liberale, persino nobilmente conservatrici che sono ugualmente lontane da Salvini. Noi – ha aggiunto – non dobbiamo aprire con queste forze moderate una concorrenza distruttiva per portare a una responsabilità comune insieme delle forze di opposizione”.
Per Zingaretti il vero pericolo per l’Italia è la “salvinizzazione del governo e del Paese”
Il neosegretario ha attaccato il governo, che “non potrà reggere a lungo questo show confuso dell’antipolitica”, è destinato a “dividersi e sfarinarsi” e il voto “non è lontano”. Anche se, nelle sue parole, Zingaretti ha forse fatto una leggera distinzione tra Lega e M5S. “Si stanno risvegliando segnali di ripensamento, non solo nell’elettorato del Movimento 5 Stelle”, ha detto, sostenendo come soprattutto però tra i grillini “una parte grande di chi ha creduto in loro gli si sta rivoltando contro, un elettorato sofferente perché non si sente più rappresentato”. Anche se “non è affatto scontato che questa parte torni da noi”. In ogni caso l’obiettivo principale sembra essere Salvini. “Il centrodestra – ha rilevato – si sta salvinizzando, il governo si sta salvinizzando. E questo è un pericolo. È la Lega di Salvini la principale corresponsabile del crollo del fatturato delle aziende del Nord. È il M5S il principale responsabile della svendita del Sud”. Per Zingaretti “la Lega e i 5 stelle, entrambi pericolosi, sono tenuti insieme da un patto di potere. La destra di Salvini impone il suo umore nero al messaggio complessivo di governo”. Quindi, basta ad un governo che si rifugia in un continuo Nì (Tav, fisco, Via della Seta). “L’Italia – ha chiarito – è un grande paese che non si governa con i Nì ma con le grandi scelte”. Da parte dell’esecutivo, ha sottolineato Zingaretti, “è in atto un vero e proprio stravolgimento di tutte le regole consolidate come dei diritti delle persone, soprattutto di quelle disperate”. Fra le cose da fare Zingaretti ha chiarito che la lotta alla povertà “non è solo un dovere morale, è la condizione per stare meglio tutti”. Poi “la nostra ossessione nel chiedere investimenti è legata alla volontà di rendere il sistema più competitivo. Bisogna mettere risorse sulla scuola, la ricerca, la formazione. Questa è anche la migliore risposta alla richiesta di sicurezza”. Comunque, per il segretario “la vera priorità è il lavoro. In tutto il paese, ma soprattutto nel Sud. Il Mezzogiorno è il grande dimenticato”. Infine, le elezioni, con lo sguardo rivolto prima alle amministrative del 26 maggio, che interessano 4.000 comuni. “Ci sono nuovi modelli di alleanze civiche e progressiste – ha detto – dobbiamo aiutare e facilitare queste esperienze. E anche in Parlamento facciamo un passo in avanti nella collaborazione tra tutti i gruppi di opposizione”. Poi le Europee, sempre il 26 maggio. Zingaretti ha detto di pensare ad un’alleanza con altri soggetti, “vogliamo costruire un’altra ipotesi di governo. Ecco perché – ha spiegato – è importante la scelta in Europa”. La prima iniziativa, ha reso noto Zingaretti, è fare propria la proposta di Romano Prodi: il 21 marzo saranno esposte le bandiere d’Europa.
di Beppe Pisa