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La UE, i diritti fondamentali dei cittadini, i populismi, le scelte urgenti

La UE, i diritti fondamentali dei cittadini, i populismi, le scelte urgenti

K metro 0 – Roma – Livia Turco, piemontese, a lungo parlamentare (alla Camera dal 1992 al 2013, al Senato dal 2006 al 2008), sia in Parlamento che come ministro della Solidarietà sociale (1996- 2001) e della Salute (2006-2008), si è sempre occupata di problemi sociali e sanitari, riforma del Welfare, governo dell’immigrazione: in un

K metro 0 – Roma – Livia Turco, piemontese, a lungo parlamentare (alla Camera dal 1992 al 2013, al Senato dal 2006 al 2008), sia in Parlamento che come ministro della Solidarietà sociale (1996- 2001) e della Salute (2006-2008), si è sempre occupata di problemi sociali e sanitari, riforma del Welfare, governo dell’immigrazione: in un contesto fortemente europeo, legato al dibattito di Strasburgo e di Bruxelles.

Intervista di Fabrizio Federici

On. Turco, Lei ha giocato un ruolo importante nel PD. Che bilancio farebbe dell’esperienza di ministro della Solidarietà sociale, maturata proprio quando il Welfare, un po’ in tutta Europa, iniziava ad entrare in crisi?   

Premesso che nel governare conta soprattutto saper fare delle scelte, coi governi dell’Ulivo, dal 1996 in poi, noi scegliemmo d’ investire fortemente nelle politiche sociali, dalla   sanità alla previdenza e alla scuola pubblica. Da quest’impegno nacque la legge quadro 328 del 2000, “Norme per un sistema integrato di interventi e servizi sociali”: importante perché puntava a creare appunto un sistema nazionale di servizi sociali, in un Paese in cui questi servizi erano gestiti soprattutto dagli enti locali. Prevedendo anche un apposito Fondo nazionale per le Politiche sociali. Legge che, purtroppo, fu attuata solo in parte, anzitutto perché, nel 2001, la maggioranza parlamentare dell’Ulivo varò l’altra legge di riforma del Titolo V della Costituzione, che invece riassegnava le politiche sociali soprattutto alle Regioni (dopo la fissazione, da parte dello Stato, dei LEA, Livelli Essenziali di Assistenza da garantire ai cittadini, in campo sanitario come sociale). Proprio su questa incongruenza fece poi leva la destra, tornata al governo nel 2001, per non applicare la 328: i cui contenuti, però, negli anni successivi sono stati in gran parte recepiti dalle Regioni nei vari piani sociali.

Il Suo nome, comunque, è legato soprattutto alla legge n. 40 del 1998, la Turco-Napolitano, sull’immigrazione. Come valuta, oggi, gli effetti di quella legge nella società italiana?

È stata una grande legge-quadro sull’ immigrazione, con l’intento di governare questo fenomeno fuori dalla logica dell’emergenza. Questo, basandosi su alcuni punti essenziali: anzitutto, rendere conveniente e praticabile l’ingresso degli immigrati in Italia, tenendo conto dell’esistenza di un mercato del lavoro più flessibile, prevedendo la figura dello sponsor nella ricerca del lavoro e combattendo il lavoro nero; fissare il sistema delle quote annuali di immigrati; stabilire un preciso legame tra politiche d’ingresso e di integrazione degli immigrati. Poi, questa legge contrastava l’immigrazione clandestina, e creava i Centri di Permanenza Temporanea, intesi come luoghi di trattenimento non illegale, ma di quegli immigrati che rifiutassero di declinare le proprie generalità (da accertare, comunque, al massimo entro 30 giorni). Il tutto, non dimentichiamo, in un contesto di accordi bilaterali tra l’Italia e i Paesi protagonisti dell’immigrazione.

Qual era un altro punto essenziale della legge?

Soprattutto la volontà di garantire il godimento dei diritti fondamentali alla salute, alla casa e all’istruzione anche agli immigrati non regolari e ai loro figli: nello spirito, semplicemente, degli articoli 2 (col celebre parallelo “diritti inalienabili dell’uomo” – “doveri inderogabili”) e 3 (sulla pari dignità sociale e l’eguaglianza di tutti i cittadini di fronte alla legge) della Costituzione. Per realizzare tutto questo, creammo anche un apposito Fondo nazionale per le politiche dell’integrazione. La successiva legge Bossi-Fini, la n.189 del 2002, che ha abrogato in parte la n.40, ha reso tutto più difficile stabilendo, invece, che poteva entrare in Italia solo chi avesse già un lavoro (il che ha finito col favorire truffe e maneggi d’ogni tipo), e portando il periodo massimo di permanenza nei Centri, ribattezzati CIE (Centri di Identificazione ed Espulsione), in alcuni casi a 18 mesi. Però, i punti della legge 40 abrogati dalla Bossi-Fini, riguardanti soprattutto i diritti essenziali degli immigrati a usufruire anche loro di alcune provvidenze (come, ad esempio, l’indennità di accompagnamento per i disabili), sono stati poi reintrodotti nelle normative regionali e locali, con quelle sentenze della Consulta che, negli ultimi anni, hanno dichiarato incostituzionali appunto vari articoli della legge 189.

Parliamo del rapporto fra Italia ed Unione Europea. Oggi, come può contribuire, l’Italia, a sbloccare l’empasse in cui sembra incagliarsi la politica della UE?

Oggi ci vuole un impegno non solo italiano, ma di tutti i Paesi UE che credono nell’ integrazione: per rendere le istituzioni comunitarie meno burocratiche, più partecipate dai cittadini (come cercato di fare dalle campagne per incentivare la partecipazione degli europei promosse dall’ Europarlamento sin dal 2017, N.d.R.), meno improntate alla mera collaborazione intergovernativa. Si tratta, in poche parole, di tornare allo spirito del “Manifesto di Ventotene” del 1941. L’Europa, in sostanza, deve tornare ad essere – come è stata nei momenti migliori – un motore di investimenti, di aiuto alla ricerca scientifica e culturale, di promozione dei diritti dei lavoratori e delle donne, di creazione di pace e sviluppo: dopo le grandi tragedie di 2 guerre mondiali e altri conflitti minori. Invece, dopo le battaglie degli anni ’80- ’90 per il potenziamento dei poteri dell’Europarlamento, agli inizi del nuovo Millennio, dalla Carta di Nizza del 2000 (pur importante per la definizione dei diritti essenziali degli europei) alla fallita campagna per la Costituzione europea del 2002-2005, l’Unione si è quasi incartata in sé stessa. Il resto (anche per altri fattori, forse pure l’eccessiva fretta nell’accogliere tanti altri Paesi) è storia ben nota, dalle conseguenze della grande crisi mondiale iniziata nel 2008 alle politiche comunitarie restrittive, di forte contenimento delle spese, degli ultimi anni.

Quali scelte immediate, a Suo avviso, dovrebbe fare la UE?

Dopo le prossime elezioni europee, sarà indispensabile rivedere il Regolamento di Dublino in direzione di una vera politica europea per gli ingressi regolari e il controllo dei confini (col potenziamento anche del sistema “Frontex”), mentre la UE non può restare indifferente di fronte al degrado generale dell’ Africa: bisogna varare al più presto questo nuovo “Piano Marshall” per l’Africa di cui da troppo tempo si parla, capace di mettere in moto, in quei Paesi, veri processi di sviluppo, in accordo anche con le politiche ONU.

Fra meno di 3 mesi saremo appunto alle nuove elezioni europee. Il PD come pensa di ravvivare l’alleanza tra i partiti socialisti, riformisti, comunque progressisti, di fronte all’avanzata dei populismi?

La sinistra purtroppo è in crisi in tutta Europa, e potrà uscirne solo con una riflessione di lungo periodo. Però Nicola Zingaretti ha in mente di fare una lista veramente nuova per le elezioni dell’Europarlamento: aperta a personalità progressiste di vari orientamenti, dotate di esperienza e capacità, espressione soprattutto della società civile.

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