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Riformare L’EUROPA e salvarla da milioni di “arrabbiati”

Riformare L’EUROPA e salvarla da milioni di “arrabbiati”

K metro 0 – Roma – Il nemico numero uno dell’Europa oggi è la rabbia. Una rabbia anche ragionata, basata su questioni solide come il lavoro più difficile da trovare o imprenditori soffocati da burocrazia e tasse, oppure su questioni che parlano “alla pancia”, come l’immigrazione e l’aumento delle disuguaglianze. Una lucida e utile analisi

K metro 0 – Roma – Il nemico numero uno dell’Europa oggi è la rabbia. Una rabbia anche ragionata, basata su questioni solide come il lavoro più difficile da trovare o imprenditori soffocati da burocrazia e tasse, oppure su questioni che parlano “alla pancia”, come l’immigrazione e l’aumento delle disuguaglianze. Una lucida e utile analisi di questo fenomeno, che nasce tanto sulle strade reali che sulle autostrade virtuali dei social, la regala Roberto Sommella nel volume “Gli arrabbiati” che “sono oramai milioni e non ne possono più di Bruxelles, dei migranti e dell’euro” e “rischiano di vincere, a meno che non si riformino l’Italia e l’Europa”. Giornalista economico di lungo corso, fondatore e instancabile contributor dell’associazione La Nuova Europa e cittadino onorario di Ventotene, attualmente direttore delle relazioni esterne dell’Antitrust e promotore di diverse campagne e seminari di formazione alla concorrenza e il mercato unico, Sommella ci spiega perché siamo “nella prima guerra di secessione europea”, come cita il sottotitolo del libro.

Intervista di Daniela Paoletti

Sommella, cosa sta succedendo davvero all’Europa e, soprattutto, agli europei?

“Oggi la grave malattia dell’Europa è diventata la secessione, in principio tra individui e poi tra Stati; inoltre, la formazione delle coscienze e le relazioni sono sempre più guidate dai canali digitali, dove la rabbia viene manifestata come illusione di espressione libera quando invece è fondamentalmente guidata da qualcun altro. Così, mentre cambiava l’Europa che si trasformava in una unione di nuovi nazionalismi in fuga da Bruxelles, cambiavamo anche noi e nasceva un nuovo populismo antropologico di coloro che rimpiangono in definitiva l’autorità e che combattono tutti quelli che non la pensano come loro. Gli arrabbiati muovono la cronaca nella speranza che diventi storia. Bisogna fermarli, il tempo rimasto si fa più breve.

Il rischio di deriva del progetto unitario europeo è dunque reale. Perché servono ancora gli Stati Uniti d’Europa e perché l’Italia deve restare più che mai ancorata alla UE? 

Perché serve dare uno Stato all’euro e al mercato unico, perché nell’Unione Europea vanno ribaditi i diritti individuali, politici, religiosi che ne fanno uno spazio di garanzie e pace senza uguali nel mondo. L’Italia, paese fondatore, può avere un ruolo fondamentale in questo momento: staccare o meno la spina a questa Europa. Io credo che ci convenga restare nell’Ue e nel mercato unico perché da questa partecipazione traiamo la forza per combattere la globalizzazione. Ma deve essere una battaglia critica che non eluda i grandi problemi che ci sono oggi in Europa, a cominciare dalla perdita di potere d’acquisto della fascia media della società per finire allo strapotere dei nuovi monopoli digitali che riducono il lavoro disponibile.

Uno dei detonatori della “rabbia” antieuropea è la gestione della questione migratoria. Eppure, soprattutto in Italia, i numeri dell’immigrazione non sono così rilevanti né il lavoro è stato tolto agli italiani. Qual è la verità? 

In “Gli Arrabbiati” ricordo che la media degli arrivi negli ultimi dieci anni è pari a quella degli Stati Uniti, ci sono stati dei picchi, come nel 2015, come dei crolli, nel 2018. I problemi sono due: gestire bene l’accoglienza degli immigrati che sono in Italia in attesa di asilo e ricollocamento e costringere i paesi europei a rispettare gli accordi con Bruxelles sui ricollocamenti medesimi. Pena il taglio dei fondi europei. Altrimenti gli italiani continueranno a pensare che il 24% della popolazione è immigrata quando invece è solo il 6%. 

La politica ha una grande responsabilità nella potenziale deriva del progetto europeo. Le elezioni di maggio rappresenteranno uno spartiacque definitivo o c’è lo spazio per una nuova “narrazione efficace” che converta “gli arrabbiati” al rilancio del progetto dell’Unione Europea? 

Il principale motivo del sovranismo dilagante è stato proprio l’europeismo di facciata. C’è ancora spazio ma non sarà facile. Già oggi 11 governi su 27 in Europa sono a guida populista e ricordo che a guidare l’Europa non è il Parlamento né la Commissione bensì il Consiglio Europeo dei capi di stato e di governo. E il Consiglio dovrà decidere nei prossimi mesi chi guiderà il Parlamento di Strasburgo, chi la Commissione, chi la Banca Centrale Europea e chi appunto il Consiglio. Il ritorno delle piccole patrie mette tutto in discussione, già oggi, prima delle elezioni di fine maggio. 

Ritiene che i giovani siano una voce inascoltata in Europa? Sono loro che guideranno un cambio di rotta o sarà già troppo tardi? 

Sono una voce fondamentale, loro sono già europei mentre noi siamo europeisti, nella desinenza c’è la differenza. Ma parlare dei giovani senza conoscerli come hanno fatto tanti governi è inutile e controproducente. Bisogna occuparsene sul serio, come nel piccolo facciamo noi della Nuova Europa e Ventotene con la Scuola d’Europa. Alle elezioni voteranno per la prima volta nove milioni di giovani europei: il destino dell’Unione è anche un po’ nelle loro mani. Se si è seminato bene lo vedremo solo all’apertura delle urne. E le sorprese potrebbero essere molto amare per gli europeisti. 

Il volume Gli Arrabbiati di Roberto Sommella è disponibile qui

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