K metro 0 – Londra – Con lo spettro del ‘no deal’ sempre più concreto, il leader dei laburisti, Jeremy Corbyn, alla fine ha ceduto alla pressione di attivisti e ‘remainer’: ha annunciato che il suo partito “proporrà o sosterrà” un nuovo referendum sulla Brexit. È l’ultimo clamoroso colpo di scena in un caos politico da
K metro 0 – Londra – Con lo spettro del ‘no deal’ sempre più concreto, il leader dei laburisti, Jeremy Corbyn, alla fine ha ceduto alla pressione di attivisti e ‘remainer’: ha annunciato che il suo partito “proporrà o sosterrà” un nuovo referendum sulla Brexit. È l’ultimo clamoroso colpo di scena in un caos politico da cui non si vede via di uscita, a poco più di un mese dal 29 marzo, la data per cui è fissata l’uscita del Regno Unito dall’Ue. Il cambio di strategia è arrivato a conclusione di una giornata in cui il termine “rinvio” era circolato con sempre maggiore insistenza a Londra e a Bruxelles. Sembra ormai inevitabile. O, per usare le parole del presidente del Consiglio europeo, Donald Tusk, potrebbe essere “una scelta razionale”. Anche se la premier britannica, Theresa May, sempre più sotto pressione dopo aver annunciato l’ennesimo posticipo del voto a Westminster, ce la mette tutta per convincere i suoi che “la scadenza del 29 marzo è ancora alla portata di Londra”. Ma la premier mercoledì rischia una vera e propria rivolta dei suoi ministri contro il ‘no deal’, l’ipotesi di uscita senza alcun accordo.
Il Partito laburista ha annunciato che presenterà un emendamento da mettere al voto mercoledì in cui chiederà ai deputati di appoggiare una unione “doganale” permanente con l’Ue. È il piano laburista a cui punta Corbyn da sempre. Se sarà bocciato allora i laburisti “rispetteranno la promessa” di appoggiare un nuovo referendum, una soluzione migliore che quella “dannosa” e a firma Tory: i laburisti voteranno per bloccare il ‘no deal’ e a favore di un secondo referendum. Intanto aumenta la pressione perché May accetti di spostare la Brexit. In realtà la premier è convinta che ritardarla oltre il 29 marzo non risolva il problema e rimandi solo il momento di prendere una decisione sui termini dell’uscita. Ma i leader europei, come il presidente del Consiglio Ue, Donald Tusk, la ritengono l’opzione più sensata: “Non era il piano dell’Ue quello di estendere i negoziati ma, tenuto conto della situazione in cui ci troviamo, potrebbe essere una soluzione razionale”, ha precisato Tusk, dopo il colloquio con May, a Sharm el Sheikh (Egitto) a margine del summit Ue-Lega araba. Qualche minuto dopo, però, la premier britannica, sempre da Sharm al Sheikh, ha sottolineato che “un rinvio è sempre un rinvio, e non risolve i problemi”. Le rassicurazioni non sembrano però aver avuto alcun effetto a Londra visto che i laburisti sono passati al piano B.