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Cambiamento climatico: le società di beni di consumo si preparano all’impatto

Cambiamento climatico: le società di beni di consumo si preparano all’impatto

K metro 0 – Berlino – Dai saponi alle bibite, le grandi multinazionali e aziende dietro alcuni dei prodotti di consumo più diffusi, stanno cominciando a prepararsi alla conseguenza che avrà il cambiamento climatico sulle loro attività. Il gruppo CDP, composto da ben 16 aziende senza scopo di lucro, con un rapporto pubblicato oggi, ha

K metro 0 – Berlino – Dai saponi alle bibite, le grandi multinazionali e aziende dietro alcuni dei prodotti di consumo più diffusi, stanno cominciando a prepararsi alla conseguenza che avrà il cambiamento climatico sulle loro attività.

Il gruppo CDP, composto da ben 16 aziende senza scopo di lucro, con un rapporto pubblicato oggi, ha rilevato che molti stanno lavorando per ridurre le loro emissioni di carbonio, prepararsi agli effetti del riscaldamento globale sulla loro catena di approvvigionamento e rispondere alla crescente coscienza ambientale tra i clienti. Tra gli esempi vi sono inclusi gli sforzi del birrificio AB InBev per sviluppare una varietà di orzo che ha bisogno di meno acqua, e Unilever, che aggiusta le sue formule detergenti in modo che lavorino alle basse temperature “eco” sulle moderne lavatrici, ha detto il gruppo londinese.

Carole Ferguson, l’autore principale del rapporto, ha detto: “Siamo rimasti sorpresi di quanto queste aziende si stiano allineando ai cambiamenti nelle preferenze dei consumatori”.

Sono state avviate nuove ricerche per andare incontro a tendenze come veganismo, cioè quella fetta di mercato fatto di persone che evitano di mangiare prodotti animali e da questi derivati: la recente acquisizione di Health Warrior da parte di PepsiCo, un produttore di barrette nutrizionali a base vegetale, è un tipico esempio in cui una grande azienda ha acquisito una piccola marca per riempire un settore di nicchia che non aveva ancora coperto.

Nel momento in cui l’attivismo climatico comincia a raggiungere alti numeri di partecipazione, le credenziali ecologiche delle aziende diventano un aspetto fondamentale da curare: i beni di consumo, infatti, costituiscono circa un terzo delle emissioni di gas serra,  e molti produttori come Nestle, Coca-Cola e Procter & Gamble sono sottoposti a un controllo crescente da parte degli investitori, che vogliono sapere quali rischi aziendali devono affrontare i cambiamenti climatici prima di decidere se acquistare le proprie azioni, ha detto ancora Ferguson.

Il gruppo CDP ha stilato anche una classifica delle aziende intervistate, in base a quanto il loro business possa oggettivamente essere minacciato dai cambiamenti climatici, i piani di preparazione a questo e quante informazioni rivelano al momento: il rapporto ha messo in luce che i produttori europei di beni di consumo, che si stanno muovendo rapidamente, sono in anticipo rispetto ai concorrenti statunitensi nella preparazione ai cambiamenti climatici, una disparità che si riscontra anche in altri settori, come l’industria automobilistica, il petrolio e il gas. Il francese Danone è arrivato primo nel settore alimentare e delle bevande, mentre Kraft Heinz è arrivato l’ultimo dei nove; analogamente, l’azienda di cosmetici L’Oreal, con sede a Parigi, è al secondo posto nel settore della cura della casa e della persona, contro la rivale di New York Estee Lauder.

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