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L’Eurozona rischia di entrare in recessione: Bce valuta un rinnovo dei piani Tltro

L’Eurozona rischia di entrare in recessione: Bce valuta un rinnovo dei piani Tltro

K metro 0 – Francoforte – Il bilancio degli ultimi mesi è preoccupante per quanto riguarda l’economia nell’Eurozona. La macchina europea ha infatti rallentato di molto il proprio ritmo, si è evidenziata nel secondo e terzo semestre una crescita dello 0,2% congiunturale. L’Italia, che ha registrato un calo del PIL per ben due trimestri di

K metro 0 – Francoforte – Il bilancio degli ultimi mesi è preoccupante per quanto riguarda l’economia nell’Eurozona. La macchina europea ha infatti rallentato di molto il proprio ritmo, si è evidenziata nel secondo e terzo semestre una crescita dello 0,2% congiunturale. L’Italia, che ha registrato un calo del PIL per ben due trimestri di seguito, è formalmente entrata in recessione. Non sembra però essere a rischio tutta l’Eurozona, tuttavia la situazione rimane critica. La Germania ad esempio, pur avendo evitato la contrazione ufficiale, rischia di finirvi ugualmente nel prossimo trimestre, soprattutto a causa delle problematiche relative al comparto auto.

La Bce non è in condizioni ottimali per affrontare una recessione, il presidente Mario Draghi ha comunque rassicurato gli investitori indicando le possibili soluzioni alle situazioni che si presenteranno. In primo luogo, si potrebbe attuare la cosiddetta “forward guidance”, ossia il dichiarare i propri impegni futuri: ad esempio, in caso di recessione, la Bce può ribadire il proprio interesse a tenere i tassi bassi per molto tempo e a reinvestire a scadenza i titoli acquistati nell’ambito del quantitativo easing.

La misura che sembra più vicina alla reale intenzione della Bce è il rinnovamento dei finanziamenti agevolati al settore bancario attraverso delle riconferme dei piani Ltro e Tltro, ovvero dei finanziamenti erogati agli istituti di credito per assicurare un accesso alla liquidità. La maggior parte delle banche che usufruiscono di tali agevolazioni sono italiane o spagnole. Nell’eventualità di una recessione, la Bce potrà percorrere due strade: rinnovare i patti così come sono attualmente oppure erogare finanziamenti maggiori. Sembra che il provvedimento possa essere discusso già il 7 marzo a Francoforte, anche se gli organi di stampa parlano di una decisione che non verrà presa in tempi brevi. La Bce può semplicemente decidere di rinnovarli per l’ammontare in essere ma può anche decidere di erogarne per un ammontare superiore in caso di recessione. Questa misura, in particolare nella sua versione “vincolata”. Il capo economista della Bce, Peter Praet, ha parlato nella giornata di oggi della possibilità di rinnovare i prestiti con condizioni meno vantaggiose dei precedenti.

Tra le varie opzioni esiste anche quella del rialzo del limite percentuale dell’inflazione, ossia rivedere l’obiettivo dei prezzi al consumo. La Bce lo ha fissato infatti intorno al 2%, ed è l’unica ad averlo fissato così basso. Inoltre, Draghi ha nelle sue mani anche l’opzione di estensione del Quantitative easing, allo stato attuale nel bilancio della banca centrale europea si riscontra un controvalore in titoli pari al 20% del Pil dell’Eurozona. Secondo quanto riporta Capital Economics: «Se ci fosse maggiore flessibilità nel rispetto delle quote di nazionalità la Bce potrebbe ad esempio comprare fino a 500 miliardi di bond societari in più» mentre fin ora è a quota 178 miliardi. La conseguenza maggiore è che un’estensione del Qe favorirebbe una situazione di sbilanciamento verso i Paesi più indebitati come l’Italia.

Le alternative rimaste sono: il controllo della curva dei rendimenti dei titoli di Stato di tutti i Paesi, oppure fare acquisti sul mercato azionario. Da un lato si potrebbe incappare un incoraggiamento a fare deficit, dall’altro si esporrebbe la Bce a possibili perdite, influenzando così il meccanismo di formazione dei prezzi. La soluzione più estrema a disposizione è il cosiddetto “scudo anti-spread” che dà la possibilità di acquistare un ammontare praticamente illimitato di titoli di Stato di un singolo Paese fino a 3 anni di scadenza. L’unica condizione imprescindibile è che lo Stato ne faccia esplicita richiesta, concordando con le autorità e il fondo salva-stati un piano di risanamento fiscale.

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