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Brexit, mentre la May riferisce al Parlamento sulla trattativa con Bruxelles, anche il partito Tory si scinde

Brexit, mentre la May riferisce al Parlamento sulla trattativa con Bruxelles, anche il partito Tory si scinde

K metro 0 – Londra – Notizie positive e negative continuano ad alternarsi sul delicato fronte della Brexit: per la quale sì avvicina l’“ora X” del 29 marzo, termine da tempo concordato (pur con possibilità di proroghe) tra Londra e Bruxelles. Se infatti, in questi giorni, i governi britannico e degli altri Paesi UE stanno richiamando

K metro 0 – Londra – Notizie positive e negative continuano ad alternarsi sul delicato fronte della Brexit: per la quale sì avvicina l’“ora X” del 29 marzo, termine da tempo concordato (pur con possibilità di proroghe) tra Londra e Bruxelles. Se infatti, in questi giorni, i governi britannico e degli altri Paesi UE stanno richiamando l’attenzione delle rispettive opinioni pubbliche sulle possibili conseguenze di una Brexit senza accordo sui trattamenti sanitari e pensionistici, rispettivamente, dei cittadini britannici che si trovino nei Paesi UE e dei cittadini di questi ultimi in Inghilterra, non vanno dimenticati gli sviluppi dei negoziati in corso tra la Premier May e il Presidente uscente della Commissione Europea, Juncker.

La dichiarazione congiunta dei due leader di ieri parla di una “discussione …costruttiva”, chiusasi con l’invito “ai rispettivi team a continuare ad esplorare le opzioni in spirito positivo”. Theresa May e Jean Claude Juncker “rivedranno ancora i progressi nei prossimi giorni”, entro fine mese: impegnati dai “tempi stretti e dal significato storico di mettere l’Ue e il Regno Unito sul cammino di una profonda ed unica futura partnership”. In dettaglio, i due hanno esaminato il problema della futura, unica frontiera terrestre tra Regno Unito e UE (esattamente tra Irlanda del Nord e Irlanda indipendente) sottolineando la necessità di evitare il più possibile una “frontiera dura”, che non rispetti – quanto a tariffe e procedure doganali – l’“integrità del mercato della UE e del Regno Unito”.

La May si è ricollegata strettamente alla lettera inviatale, il 14 gennaio, da Juncker e dal Presidente del Consiglio europeo Donald Tusk: mentre, già rispondendo al “Question time” prima di partire per Bruxelles, aveva ribadito l’intenzione di negoziare con la UE “soluzioni alternative” a margine dell’accordo sulla Brexit, volte a risolvere anzitutto il problema del confine con l’Eire. Il tutto, però, ignorando la richiesta del leader laburista Jeremy Corbyn (peraltro indebolito dall’ ultima “miniscissione” del Labour) di precisare quali specifiche proposte avrebbe portato al tavolo di Bruxelles, e limitandosi a ribadire che l’unico modo per evitare un no deal ” è appunto approvare un deal”, o revocare la Brexit: cosa che, però, urterebbe contro la volontà espressa dai cittadini nel referendum del 2016.

Nell’altro dibattito in Parlamento, immediatamente successivo al ritorno da Bruxelles, la May ha colto l’occasione della recente uscita dal Labour di otto deputati (contrari alla linea oscillante di Corbyn sulla Brexit e, soprattutto, alla sua tolleranza della deriva antisemita del Labour Party), per accusare il leader laburista di essere ormai alla guida di un partito “di estrema sinistra” e “istituzionalmente antisemita”. “Mai avrei immaginato di vedere un giorno cittadini ebrei preoccupati del loro futuro in questo Paese”, ha detto il Premier rispondendo, nel question time, alla domanda di una deputata del suo partito che le chiedeva appunto di condannare Corbyn. Il quale ha risposto negando le accuse, condannando l’antisemitismo come inaccettabile “in qualunque partito” e assicurando “le misure più dure” per estirparne ogni traccia nel Labour.

In effetti, se non si può definire Corbyn un nuovo Michael Foot (che, ancora negli anni ’80, poneva ufficialmente, tra gli obiettivi del Labour, la statalizzazione completa dei mezzi di produzione, poi eliminata dal programma del partito, per impulso di Tony Blair, nei primi anni ’90), sull’antisemitismo egli stesso aveva ammesso, l’estate scorsa, che dal 2015 (anno della sua ascesa alla guida del Labour) c’erano state 300 segnalazioni per dichiarazioni e comportamenti antisemiti interne al partito, la metà della quali circa aveva comportato espulsioni o dimissioni (anche in Inghilterra, infatti, dalle possibili, legittime critiche allo Stato d’ Israele, e dall’appoggio alla causa palestinese, la sinistra spesso scivola nell’antisemitismo tout court).

Ma anche in casa tory, nonostante che la May, nel suo intervento parlamentare, abbia fatto finta di niente, la situazione si complica: è sempre del 20 febbraio, infatti, la notizia – esattamente speculare a quella della “miniscissione” del Labour – che tre membri anti-Brexit del Partito conservatore hanno rassegnato le proprie dimissioni, entrando immediatamente nel nuovo “Gruppo indipendente “creato dai transfughi del Labour. Le 3 parlamentari, Anna Soubry, Heidi Allen e Sarah Wollaston, hanno motivato la scelta con il dissenso dalla linea sulla Brexit della Premier e di un partito conservatore troppo condizionato, secondo loro, dagli estremisti anti-UE dello European Research Group e dagli alleati della destra unionista nordirlandese del Dup. “Abbiamo votato per lei pensando che si sarebbe impegnata verso un partito conservatore moderato e aperto di cuore”, scrivono le tre deputate in un a lettera alla May. “Purtroppo il partito ha abbandonato questi ideali e principi con un cambio di rotta verso la destra della politica britannica”.

In realtà, queste 3 dimissioni dal partito Tory non dovrebbero alterare in alcun modo gli equilibri di voto nelle prossime, cruciali decisioni del Parlamento britannico: tutte e tre le parlamentari, infatti, sembrano essersi già espresse contro l’accordo sulla Brexit reso noto dal Primo ministro. Le crescenti difficoltà, però, hanno avuto nuovamente un impatto sulla sterlina: valuta già messa in difficoltà dal divorzio tra UE e Regno Unito annunciato col referendum del 2016. La sterlina, infatti, è tornata a perdere più dello 0,30% nelle ultime ore.

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