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Roma. Morto don Roberto Sardelli “il sacerdote delle baracche dell’Acquedotto Felice”

Roma. Morto don Roberto Sardelli “il sacerdote delle baracche dell’Acquedotto Felice”

K metro 0 – Roma – È morto a Roma, all’età di 83 anni, don Roberto Sardelli, conosciuto come “il prete delle baracche dell’Acquedotto Felice”. Don Roberto, originario di Pontecorvo (Fr) dove è nato nel 1935, ordinato sacerdote nel 1965 frequentò la scuola di Barbiana di don Lorenzo Milani prima di recarsi in Francia per studiare

K metro 0 – Roma – È morto a Roma, all’età di 83 anni, don Roberto Sardelli, conosciuto come “il prete delle baracche dell’Acquedotto Felice”. Don Roberto, originario di Pontecorvo (Fr) dove è nato nel 1935, ordinato sacerdote nel 1965 frequentò la scuola di Barbiana di don Lorenzo Milani prima di recarsi in Francia per studiare l’esperienza dei preti operai. Nel 1968 fu inviato nella parrocchia di San Policarpo, a pochi passi dalla quale scoprì la baraccopoli sorta nei pressi dell’Acquedotto Felice, occupata da 650 famiglie italiane immigrate provenienti da Sicilia, Calabria, Abruzzo e Basilicata. Fu proprio qui che il sacerdote si trasferì, dopo aver acquistato una baracca da una prostituta. La trasformò nella “Scuola 725” – dal numero civico del casotto – per bambini discriminati a scuola e ghettizzati nelle classi differenziali. Nel novembre scorso, don Sardelli era stato insignito della laurea ad honorem in scienze pedagogiche dalla facoltà di Lettere e filosofia dell’università Roma Tre.

Il presidente della Biblioteca Raffaello, Fallai: “dedicheremo un’esposizione a don Sardelli per il suo impegno etico, morale e civile in questo territorio”

“Apprendiamo con dolore la notizia della morte di don Roberto Sardelli, il sacerdote, maestro e scrittore che aiutò i giovani e meno giovani vivendoci insieme nelle baracche lungo gli archi dell’Acquedotto Felice. Il suo forte impegno sociale si concretizzò con la battaglia per l’accesso alla casa e a condizioni di vita più dignitose per gli ultimi, a partire dal diritto all’istruzione con la realizzazione della scuola 725 da lui fortemente voluta”, dichiara il presidente delle Biblioteche di Roma Paolo Fallai. “Nella scuola con i ragazzi, elaborò disegni, scritti e manoscritti, lettere e discussioni, i cui argomenti scelti dai ragazzi stessi confluirono sul quindicinale Scuola 725, battuto a macchina, ciclostilato e distribuito sul territorio dai giovani. I suoi tanti scritti che dagli anni ’70 si concentrarono sulla denuncia del consumismo, l’intolleranza per il diverso e i più deboli, insieme al film documentario ‘Non tacere’ e alla raccolta dei quindicinali sono oggetto di un Fondo storico donato alla Biblioteca Raffaello nel VII Municipio. La biblioteca, attualmente in ristrutturazione per un ampliamento dei locali, riaprirà a marzo dedicando un’esposizione a don Sardelli per il suo impegno etico, morale e civile in questo territorio”.

Il ricordo di Adriano Labbucci, segretario di Sinistra Italiana, area metropolitana. “Don Roberto Sardelli ci ha lasciati. Era il prete delle baracche, dove aveva inventato una scuola, la 725 dal numero della baracca, per i ragazzi dell’acquedotto Felice. Un’esperienza straordinaria che produsse, nel 1968, una lettera al sindaco di Roma che fece scandalo e scosse le coscienze: parlava di povertà, di ingiustizia, della scuola di classe e del diritto anche di chi è prete di fare politica. Il riferimento era don Milani e la scuola di Barbiana, che don Roberto visitò. Poi 40 anni dopo don Roberto insieme con quegli stessi allievi decise di scrivere una nuova lettera all’allora sindaco di Roma ‘Per continuare a non tacere’. E ritornava testardamente a riproporre un’idea di politica, di democrazia, di solidarietà a partire dai migranti, che non ritrovava nelle scelte amministrative e nei valori dominanti. Io l’ho conosciuto in quell’occasione e ricordo la sua amarezza per non aver avuto una risposta, significava per lui che anche la sinistra stava perdendo quei valori e quei principi che la rendevano differente, alternativa. Ci lascia una persona che ha messo il noi prima dell’io e che si è impegnato per tutta la vita a fianco degli ultimi, perché prendessero coscienza e voce. Dedicare una targa a don Roberto e alla sua scuola, come più volte richiesto, è un atto di riconoscenza a chi si è battuto per la giustizia e il riscatto di chi sta in basso. Un esempio e una testimonianza che valeva ieri e vale ancora di più oggi. Di fronte alla disumanità di scelte che criminalizzano i poveri e aumentano le diseguaglianze. Grazie Don Roberto”.

 

 

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