K metro 0 – Roma – I tanto attesi numeri ufficiali dei circoli, dopo settimane di polemiche e dati ufficiosi, sono infine arrivati ed hanno decretato che a sfidarsi per la segreteria del Partito democratico saranno in tre: Nicola Zingaretti, Maurizio Martina e Roberto Giachetti. A vincere nei circoli è stato il governatore del Lazio
K metro 0 – Roma – I tanto attesi numeri ufficiali dei circoli, dopo settimane di polemiche e dati ufficiosi, sono infine arrivati ed hanno decretato che a sfidarsi per la segreteria del Partito democratico saranno in tre: Nicola Zingaretti, Maurizio Martina e Roberto Giachetti. A vincere nei circoli è stato il governatore del Lazio con il 47,4% delle preferenze. Martina è secondo (36,1%) e Giachetti terzo (11,1%). Una griglia di partenza decisa dal voto di 189.101 persone, corrispondenti al 50,46% degli iscritti. E, intanto, due dei tre candidati ‘eliminati’ dal voto nei circoli si schierano. Maria Saladino con Martina mentre Francesco Boccia chiede ai settemila che lo hanno sostenuto di votare per Zingaretti.
Nella sala che ospita la convenzione nazionale, ‘start’ della corsa alle primarie, il clima è già rovente fin dall’apertura dei lavori, quando la lettura dei risultati da parte del presidente della commissione congresso Ginni Dal Moro viene sottolineato dai boati e dai cori dei sostenitori ora di uno ora dell’altro candidato. Un congresso difficile, d’altra parte, lo è stato per tutti. Dal Moro sottolinea l’impegno dei dipendenti del Pd che sono in cassa integrazione e che, comunque, non hanno fatto mancare il loro apporto.
Ma a mettere pepe nel dibattito è, ancora una volta, Carlo Calenda. L’ex ministro ha mal digerito la notizia di un documento pro-Europa dei parlamentari Pd a Strasburgo. Un atto ostile, lo considera Calenda, nei confronti del manifesto “Siamo Europei” con il quale l’esponente dem si propone di mettere insieme uno schieramento europeista in chiave anti sovranista. “Vorremmo diventasse una piattaforma comune”, spiega la capo delegazione Pd al Parlamento Europeo, Patrizia Toia, “per cominciare da subito la campagna per le europee”. Stessa vocazione del manifesto di Calenda che, infatti, non nasconde il suo disappunto. L’ex ministro arriva a sorpresa all’Ergife, scarpe da ginnastica e pullover, ma gli intenti sono bellicosi: “Se il documento dei parlamentari europei Pd rimaneggiato nelle ultime ore da Goffredo Bettini si confermerà nei contenuti come un’operazione costruita contro ‘Siamo Europei’ ne prenderò atto. Non possiamo combattere su 10 fronti”, sottolinea. Arrivano le rassicurazioni dei candidati che considerano il manifesto “un importante contributo”. Non basta. Calenda sale sul palco con lo stesso umore con cui poche ore prima è entrato in sala: “Abbiamo raggiunto 150 mila sottoscrizioni in tre settimane. Salvini per il sito ‘Io sto con Salvini’ ha ottenuto lo stesso risultato in tre ore”. La colpa? E’ delle divisioni del Pd”, sottolinea ancora Calenda chiedendo di usare i gazebo del 3 marzo per promuovere il suo manifesto.
L’attenzione della sala, però, è in larga parte catturata dalla vicenda congressuale. I tre in corsa dispensano attacchi al governo, con Martina che chiede una mozione di sfiducia nei confronti di Salvini. Ma non solo: “Io non attacco i governi del Pd”, sottolinea a più riprese l’ex segretario ed ex ministro dei governi Renzi-Gentiloni. Il riferimento è all’intervista di Massimiliano Smeriglio, coordinatore dei comitati Piazza Grande, al Manifesto che in molti tra i renziani hanno letto come una critica alle politiche degli esecutivi Pd. Smeriglio, poi, è anche vicepresidente del Lazio, in quota Leu. Il ‘modello Lazio’, che ha permesso a Zingaretti di battere due volte i 5 stelle alle regionali, prevede un sistema di alleanze con la sinistra. Ciò che i renziani che sostengono Martina e Giachetti, invece, non vogliono. “Mai con chi ci ha distrutto”, ribadisce anche oggi Roberto Giachetti. E Martina, a scanso di equivoci, sottolinea che “alle primarie devono votare gli elettori del Pd”. Come dire: chi vota Leu stia pure a casa. A questo si aggiunge il sospetto che proprio il governatore del Lazio – e i big del partito che lo sostengono – nutra la speranza di agganciare il Movimento 5 Stelle in chiave anti destra. “Mi sono perfino stancato e lo trovo umiliante dover dire ancora che non voglio alleanze o accordi con i Cinque Stelle. Io li ho sconfitti due volte. Chi mi accusa di questo, imparasse a sconfiggerli”, sbotta Zingaretti dal palco.
Jobsnews Di Beppe Pisa