Il docente dell’università Cattolica di Milano ne spiega le ragioni a Kmetro0.it K metro 0 – Milano – «È solo un’uscita elettorale in vista delle europee 2019 sostenere che la Francia sottrae risorse all’Africa nei paesi che usano il franco CFA». Lo sostiene a Kmetro0 anche Andrea Terzi, docente di Economia monetaria all’Università Cattolica. Ricapitolando,
Il docente dell’università Cattolica di Milano ne spiega le ragioni a Kmetro0.it
K metro 0 – Milano – «È solo un’uscita elettorale in vista delle europee 2019 sostenere che la Francia sottrae risorse all’Africa nei paesi che usano il franco CFA». Lo sostiene a Kmetro0 anche Andrea Terzi, docente di Economia monetaria all’Università Cattolica.
Ricapitolando, due giorni fa è esplosa una polemica in Italia dopo l’intervento pubblico di Di Maio e Di Battista, secondo i quali il franco CFA, legato all’euro, usato in otto paesi dell’Africa occidentale (Burkina Faso, Benin, Costa d’Avorio, Guinea- Bissau, Mali, Niger, Senegal, Togo) e sei dell’Africa centrale (Camerun, Repubblica centrafricana, Congo, Gabon, Guinea Equatoriale) sarebbe la moneta del sistema neocoloniale francese che sfrutta le risorse e impoverisce quei paesi. Insomma, un nuovo attacco alla Francia dall’Italia, riemerso dopo le tensioni con i transalpini anche all’ultima conferenza internazionale sulla Libia tenutasi a novembre a Palermo.
Secondo lei, professore, è davvero possibile, come sostengono i due esponenti del M5S che il franco CFA abbia finora indebolito l’economia di questi paesi?
«Il tono e il contenuto delle dichiarazioni a cui lei si riferisce sembrano voler deliberatamente influenzare l’opinione pubblica in senso anti-francese con un metodo che assomiglia più alla propaganda elettorale che alla dichiarazione politica suffragata da una seria analisi economica.
I 14 paesi del franco CFA aderiscono a un accordo di cambio fisso con l’euro, con pregi (stabilità del valore internazionale del potere d’acquisto) e difetti (limiti all’uso delle politiche economiche). Ma c’è anche un aspetto più politico nella scelta tra battere la propria moneta o agganciarsi a una valuta forte. Altri paesi africani battono la propria moneta senza accordi di cambio. Fino a qualche anno anche lo Zimbabwe aveva una moneta propria fino a che i suoi governanti l’hanno distrutta dopo aver devastato il settore dell’agricoltura e derubato lo Stato. La morale è che i vincoli sull’uso della moneta nazionale (come le regole sul debito ma anche i cambi fissi) esistono per impedire a chi la controlla di servirsene per i propri interessi. Il rovescio della medaglia è che quei limiti spesso finiscono per intralciare la politica economica quando questa ha bisogno di flessibilità per reagire alle crisi o per finanziare una strategia di sviluppo del paese. Sono decisioni non facili che devono prendere quei paesi.
In sintesi, si può naturalmente discutere su quale debba essere l’ordine monetario preferibile per quei paesi, ma non è un modo onesto di porre la questione sul tavolo. È solo un’uscita elettorale, ripeto».
Lo scorso Natale i capi di Stato della CEDEAO (comunità economica dell’Africa occidentale) si sono riuniti per trovare il nome e il simbolo di una nuova moneta unica che dovrebbe sostituire il franco CFA entro il 2020. Come mai, allora, questa decisione?
«L’idea di una moneta unica africana non è per niente nuova. Il progetto cui lei si riferisce ebbe inizio nel 1999 (ma se ne parlava anche prima) ed è ripartito nel 2013. Come nel caso dell’euro, la decisione di convergere su una moneta unica è una decisione innanzitutto politica. L’esperienza dell’euro può insegnare a quei paesi che mettere in comune la moneta e farne un motore di progresso economico e sociale richiede la capacità di fare politica comune e condividere i rischi».
di Alessandro Luongo