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Cesare Battisti, arrestato in Bolivia dopo 37 anni di latitanza

Cesare Battisti, arrestato in Bolivia dopo 37 anni di latitanza

K metro o – Bolivia – La lunga fuga di Cesare Battisti è finita. Latitante dallo scorso mese, quando il presidente entrante del Brasile, Jair Bolsonaro, ha firmato l’estradizione in Italia, il terrorista dei Pac è stato arrestato in un blitz della polizia italiana e brasiliana, con criminalpol e antiterrorismo a Santa Cruz, in Bolivia. È stato

K metro o – Bolivia – La lunga fuga di Cesare Battisti è finita. Latitante dallo scorso mese, quando il presidente entrante del Brasile, Jair Bolsonaro, ha firmato l’estradizione in Italia, il terrorista dei Pac è stato arrestato in un blitz della polizia italiana e brasiliana, con criminalpol e antiterrorismo a Santa Cruz, in Bolivia. È stato fermato in strada, non era armato, non ha opposto nessuna resistenza. Ha parlato in portoghese per rispondere alla polizia e ha mostrato un documento brasiliano che confermava la sua identità. La svolta, per gli investigatori, è arrivata una settimana fa, quando il militante è stato individuato con certezza in Bolivia. Ora si attende di riportarlo in Italia, dove sconterà la sua condanna con ogni probabilità nel carcere romano di Rebibbia.

E qui un nodo: è probabile che, essendo l’ergastolo incostituzionale in Brasile, la pena sarà commutata in 30 anni di detenzione. Il che, nei fatti, non cambia la sostanza: il terrorista finirà i suoi giorni in cella. Per chiudere l’operazione, è stata necessaria una triangolazione tra Roma, Brasilia e La Paz, non essendoci un patto di estradizione tra la Bolivia e l’Italia. Battisti, condannato all’ergastolo in contumacia nel 1993 per quattro omicidi, era evaso dal carcere di Frosinone nel 1981. Fuggito prima in Francia, poi in Messico, poi di nuovo in Francia dal 1990, nel 2004 era arrivato in Brasile. Qui è stato arrestato nel 2007, ma nel 2009 ha ricevuto asilo politico e il 31 dicembre del 2010 l’allora presidente Lula, nell’ultimo giorno di mandato, ha bloccato la sua estradizione. L’ultimo arresto risale all’ottobre del 2017, alla frontiera con la Bolivia, con l’accusa di violazione delle norme sulle valute straniere e riciclaggio di denaro. È stato rilasciato poco dopo. E’ del 14 dicembre 2018, prima che facesse perdere di nuovo le sue tracce per fuggire in Bolivia, la firma dell’estradizione per mano del nuovo presidente, Jair Bolsonaro.

Cesare Battisti chiese rifugio il 21 dicembre scorso alla Commissione nazionale per i rifugiati della Bolivia (Conare); e non è escluso il ricorso del Difensore civico boliviano nei confronti della decisione delle autorità di La Paz di espellerlo e consegnarlo all’Italia. “Fino ad oggi non è stato fatto un colloquio e non è stato apposto un rifiuto: entrambi i punti sono parti fondamentali del giusto processo nei procedimenti dei rifugiati, come previsto dalla Convenzione sullo status dei rifugiati, legge 251 del 20 giugno del 2012 e del decreto n. 1440 del 19 dicembre 2012”, si legge in una nota del Difensore civico boliviano che “esamina la possibilità di presentare ricorso costituzionale affinché Battisti possa ottenere una risposta dallo Stato boliviano alla sua richiesta di asilo”.  “Spero che Evo Morales gli dia la possibilità di rimanere in Bolivia”, è l’auspicio espresso, in un’intervista al quotidiano Folha de Sau Paulo, dall’ex compagna di Cesare Battisti, Priscila Luana Pereira, che con l’ex terrorista ha avuto un figlio, con il quale da pochi giorni si è trasferita nella casa dell’ex Pac a Cananeia, perché, ha spiegato, c’erano stati dei tentativi di furto nell’appartamento. A quanto Pereira ha riferito al quotidiano brasiliano, il figlio di Battisti non ha ancora saputo dell’arresto: “Mi chiede del padre, ogni volta che sente parlare di lui sta attento. Non ha una chiara dimensione dei fatti, ma ha capito che è successo qualcosa”, ha detto la Pereira.

L’ex terrorista dei Pac, Cesare Battisti, arrestato in Bolivia dopo 37 anni di latitanza, ha sul suo carico in Italia quattro condanne all’ergastolo per altrettanti omicidi compiuti tra il 1978 e il 1979. Battisti è accusato di essere stato il killer di Antonio Santoro, maresciallo degli agenti di custodia di Udine ucciso il 6 giugno 1978 e di Andrea Campagna, agente della Digos di Milano, ucciso il 19 aprile 1979. Inoltre, è stato il mandante dell’omicidio del gioielliere milanese Pierluigi Torregiani compiuto il 16 febbraio 1979, lo stesso giorno in cui Battisti partecipò all’esecuzione di Lino Sabbadin nella sua macelleria a Mestre. Santoro era accusato dai Pac di maltrattamenti ai danni di detenuti, in seguito ad inchieste giornalistiche specie del quotidiano Lotta Continua, che lo accusarono di abuso d’ufficio e abuso di potere. Esecutore materiale dell’omicidio fu Cesare Battisti, poi condannato all’ergastolo. Ad accusarlo fu Pietro Mutti, collaboratore di giustizia ed ex-appartenente ai Pac. Testimoniò che Battisti e Enrica Migliorati (anche lei appartenente ai Pac) attesero la vittima davanti all’uscio di casa fingendosi fidanzati. Poi al sopraggiungere di Santoro, Battisti gli sparò alle spalle tre colpi di cui due mortali alla nuca. Nel volantino di rivendicazione, intitolato Contro i lager di Stato, i Pac scrissero che l’istituzione carceraria andava distrutta perché “ha una funzione di annientamento del proletariato prigioniero” e di “strumento di repressione e tortura”.

 

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