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Romania guida il consiglio Europeo uno slogan ottimistico: “Coesione, un valore comune in Europa”

Romania guida il consiglio Europeo uno slogan ottimistico: “Coesione, un valore comune in Europa”

K metro 0 – Bruxelles – Ormai, l’attuale legislatura europea è arrivata al suo ultimo semestre. Alla fine del 2018 sono pochi i dossier chiave completati. Il nuovo anno da poco iniziato, si preannuncia quindi ancora più arduo, tra il tentativo di chiudere i cantieri aperti, dalla Brexit alla revisione del sistema d’asilo per i

K metro 0 – Bruxelles – Ormai, l’attuale legislatura europea è arrivata al suo ultimo semestre. Alla fine del 2018 sono pochi i dossier chiave completati. Il nuovo anno da poco iniziato, si preannuncia quindi ancora più arduo, tra il tentativo di chiudere i cantieri aperti, dalla Brexit alla revisione del sistema d’asilo per i migranti sino alla riforma dell’eurozona, e la prospettiva di elezioni europee. Per di più, a capitanare i lavori nei primi sei mesi cruciali dell’anno ci sarà la Romania, di cui Jean-Claude Juncker ha messo in dubbio la capacità di saper gestire la situazione, date le forti tensioni interne al governo di Bucarest.  Juncker ha ammonito severamente: “La Romania è tecnicamente ben preparata ma il suo governo non ha ancora pienamente compreso cosa significhi presiedere i Paesi dell’Ue, perché per gestire negoziati a 28, nonché la fase finale della Brexit, occorre la ferma volontà di mettere le proprie preoccupazioni in secondo piano, e ho qualche dubbio su questo”.

Per inaugurare il suo semestre ai vertici dell’Ue, il governo rumeno ha scelto uno slogan abbastanza ottimistico: “Coesione, un valore comune in Europa”. La Romania, dal 1° gennaio al 30 giugno 2019, per la prima volta in assoluto nella storia, avrà la presidenza del Consiglio dell’Unione europea, una carica che viene assegnata a rotazione a tutti gli Stati membri. La Romania è entrata nell’Ue nel 2007 ed è ancora in attesa di entrare nell’eurozona, quando saranno raggiunti tutti i requisiti per sostituire il vecchio leu rumeno facendo entrare in circolazione l’Euro (la moneta locale, scambiata oggi a circa 0,20 centesimi di euro).

L’Austria, con Sebastian Kurz, in carica fino a dicembre 2018, ha consegnato il testimone alla Romania, in uno dei periodi più bollenti per gli equilibri dell’integrazione comunitaria, a partire dal maxi-appuntamento delle elezioni europee del 26 maggio 2019. L’obiettivo annunciato è di fissare i parametri di convergenza e sicurezza in cima all’agenda Ue, ma c’è chi è scettico sui risultati da raggiungere.

Il Consiglio dell’Unione europea, ribattezzato Consiglio dei Ministri dopo la riforma di Lisbona (2009), è l’istituzione che esercita insieme all’Europarlamento le funzioni legislative e di bilancio comunitario. La sua presidenza viene assegnata a turno a tutti gli Stati membri per un periodo di sei mesi, all’interno di un trio (in questo caso Romania, Finlandia e Croazia) che dovrà collaborare per un totale di un anno e mezzo allo sviluppo di progetti comunitari. Il ruolo del presidente di turno è di coordinare le riunioni del Consiglio, oltre a rappresentare l’istituzione nei suoi vari rapporti con gli altri organismi europei.

Per i sei mesi al vertice, la Romania ha scelto di insistere sul pilastro della coesione, declinato in quattro sfumature diverse:” Europa della convergenza, un’Europa più sicura, l’Europa come attore forte sulla scena mondiale e l’Europa dei valori comuni”. Il primo ministro Viorica Dancilăsi, in modo risoluto, vorrebbe dimostrare che la Romania è un partner affidabile per consolidare il progetto europeo e assicurare la sua coesione. Il presidente del Consiglio europeo, Donald Tusk, ha manifestato la sua fiducia, con tanto di auguri via social alla collega di Bucarest, affermando: “Sono sicuro che porterete a termine il progetto, non vedo l’ora di lavorare con voi”.

La Romania è una repubblica semipresidenziale, dove i poteri sono divisi fra un capo dello Stato (Klaus Iohannis: sarà lui a guidare formalmente il Consiglio) e un capo del governo, la già citata Viorica Dancil, alla testa di un’alleanza fra socialdemocratici (il Partidul Social Democrat, fondato da un ex ministro del dittatore Nicolae Ceausescu) e liberali (Alianta Liberalilor i Democratilor). A detta dei più critici, l’esecutivo assomiglia a un clone di centrosinistra dei governi nazionalisti che inquietano l’establishment europeo, a partire dall’Ungheria di Viktor Orbán o dalla Polonia di Mateusz Morawiecki. Anche il governo rumeno è entrato in rotta di collisione con le istituzioni europee con l’accusa di aver violato lo stato di diritto. Sul banco degli imputati ci sono alcune riforme del sistema giudiziario che indeboliscono l’indipendenza della magistratura e interferiscono con il contrasto alla corruzione, affossando i principi di trasparenza in un paese già sotto esame per l’opacità che avvolge il suo sistema economico e istituzionale. A luglio 2018 ha fatto scalpore la rimozione di Laura Codruta Kövesi, procuratore capo della direzione nazionale anticorruzione del Paese. Kövesi, 45 anni, era diventata nota (anche) per aver messo alle strette una serie di stelle politiche locali, aumentando il sospetto di una violazione di campo fra poteri.

Altro fattore in comune fra Romania e il blocco di Visegrad è un rapporto sbilanciato, a proprio favore, fra fondi versati e ricevuti dalla Ue. Nel 2017 Bucarest ha incassato 4,7 miliardi di euro a fronte di 1,2 miliardi sborsati per le casse comunitarie, con una contabilità in positivo per 3,5 miliardi di euro (l’Italia ha un credito superiore a due miliardi di euro). E forse è questo il motivo che ha evitato la degenerazione delle schermaglie con Bruxelles, per ora limitate a qualche botta e risposta con le istituzioni. Nel 2018, il vicepresidente della Commissione, l’olandese Frans Timmermanns, ha espresso la sua crescente preoccupazione sull’indipendenza della magistratura rispetto al pressing governativo. Il governo di Dancil si è limitato a una difesa di ufficio del suo operato, alternando rivendicazioni per il rispetto della Romania a toni più morbidi sull’importanza di restare nel percorso europeo.

Rispetto alle procedure di infrazione avviate contro l’Ungheria di Orban, e la marcia indietro imposta dalla Corte Ue alla Polonia sulla questione dei magistrati, finora per la Romania ci sono solo schermaglie. Dancil, già europarlamentare, ha assicurato in più occasioni che farà di tutto per mantenere il Paese all’interno del progetto comunitario.

I sei mesi in arrivo sono molto importanti, ma anche le preoccupazioni sono molto alte. La conclusione della Brexit e le elezioni europee di maggio potrebbero segnare l’inizio di un nuovo percorso europeo.

 

di Salvatore Rondello

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