K metro 0 – Madrid – Tra il referendum che in Gran Bretagna decretò la vittoria del “Leave”, l’uscita dalla Unione Europea dell’isola, e la successiva comunicazione al presidente del Consiglio europeo, ebbe inizio un processo di negoziazione e di dibattiti a 360 gradi. Una delle questioni che si è cercato di risolvere riguarda la
K metro 0 – Madrid – Tra il referendum che in Gran Bretagna decretò la vittoria del “Leave”, l’uscita dalla Unione Europea dell’isola, e la successiva comunicazione al presidente del Consiglio europeo, ebbe inizio un processo di negoziazione e di dibattiti a 360 gradi. Una delle questioni che si è cercato di risolvere riguarda la posizione di Gibilterra. I 27 avevano decretato che “nessun accordo tra la Ue e il Regno Unito” si sarebbe applicato a Gibilterra “in assenza di una intesa tra Londra e Madrid”.
Questo principio concedeva alla Spagna una posizione speciale durante il processo di uscita dall’Unione – per il quale la Spagna avrebbe goduto di un potere di veto su alcune questioni – e anche durante il cosiddetto periodo di transizione, apertosi il 30 marzo di quest’anno e che culmina nel dicembre del 2020.
Senza dubbio, nella Dichiarazione politica che i leader siglarono lo scorso 26 novembre, non si fa alcun cenno a Gibilterra. L’Accordo di uscita include un Protocollo specifico sulla Rocca di Gibilterra. Tuttavia, inaspettatamente, la redazione dell’articolo 189 confinava in una sorta di “limbo giuridico” la situazione di questo territorio. Londra potrebbe, di conseguenza, approfittare della confusione, e ce n’è davvero tanta, tra i Paesi europei, per tornare a rivendicare diritti su Gibilterra.
Il presidente del Consiglio spagnolo, Pedro Sanchez, desiderava dare seguito ai negoziati, ma è stato sottoposto alle insistenze dei servizi giuridici della Unione Europea e del Consiglio affinché ritirasse il veto, evitando di ostacolare (ancora di più) la difficile situazione con la quale si confronta il Regno Unito con la Brexit. In cambio, è stata offerta una triplice garanzia – o almeno così l’ha interpretata Sanchez – che consiste in un documento del presidente della Commissione Europea e del Consiglio europeo che ne dimostrasse l’appoggio. Inoltre, una dichiarazione della Commissione e dei 27 nella quale si appoggia l’interpretazione spagnola dell’articolo 184 e si riafferma l’ultima parola di Madrid sulle intese future tra l’Unione Europea e il Regno Unito su Gibilterra. La terza garanzia è un altro documento siglato dall’ambasciatore del Regno Unito a Bruxelles nel quale il governo britannico accetta di interpretare il senso di questo articolo sulla base della linea spagnola.
Ciononostante, le critiche continuano, poiché i documenti non sono rigorosi né hanno il minimo peso politico e legale rispetto all’Accordo di uscita: non sono vincolanti, insomma. Si tratta di una parte dell’allegato degli atti del Consiglio europeo, non essendo stato incluso né nell’Accordo, né nelle conclusioni degli atti citati. Così, la Spagna ottiene qualcos’altro rispetto al principio al quale teneva. E dunque meno di quanto sperasse, indubbiamente.
Di fatto, le delegazioni dei Paesi dell’Unione europea hanno fornito opinioni diverse sulla posizione della Spagna. La Francia, ad esempio, sostiene che la Spagna si è comportata adeguatamente, perché voleva tutelare i suoi interessi prima che fosse troppo tardi. Senza dubbio, i diplomatici di altri Stati lamentano le proteste sollevate dal governo spagnolo nell’ultima fase, con la possiblità di mettere in pericolo il già fragile accordo della Brexit.
A sua volta, Sanchez ha presentato come un “trionfo” la conclusione di questo problema. Per Casado, leader dell’opposizione e presidente del Partito popolare, si tratta invece di una “umiliazione storica”.
Nel frattempo ci si chiede continuamente: cosa accadrà con Gibilterra?
di Pilar Rivas