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Libia. L’esercito fa irruzione sul mercantile Nivin e obbliga i profughi a tornare nei lager. E il Guardian denuncia l’inferno libico dei migranti

Libia. L’esercito fa irruzione sul mercantile Nivin e obbliga i profughi a tornare nei lager. E il Guardian denuncia l’inferno libico dei migranti

K metro 0 – Roma – La vicenda dei 79 migranti bloccati a bordo del mercantile Nivin nel porto di Misurata è giunta alla conclusione, in maniera violenta: dopo due settimane di stallo per il rifiuto dei profughi di sbarcare, forze armate libiche hanno fatto irruzione a bordo. A lanciare l’allarme su Twitter è stata

K metro 0 – Roma – La vicenda dei 79 migranti bloccati a bordo del mercantile Nivin nel porto di Misurata è giunta alla conclusione, in maniera violenta: dopo due settimane di stallo per il rifiuto dei profughi di sbarcare, forze armate libiche hanno fatto irruzione a bordo. A lanciare l’allarme su Twitter è stata la ong mediterranea Saving Humans, secondo la quale ci sono stati almeno cinque feriti, trasportati in ospedale, mentre gli altri migranti sono stati ricondotti a forza nei centri di detenzione libici. “Italia e Ue si assumano la responsabilità delle loro scelte politiche. Vogliamo conoscere la sorte di ciascuno dei profughi”, ha twittato la ong, che ha chiesto a Roma e Bruxelles di non permettere “violenza su persone che lottano per non essere ancora torturate”. I timori dei migranti si sono così avverati: il rifiuto di lasciare la Nivin era dettato proprio dalla volontà di evitare di tornare in un centro di detenzione libico dove forte è il rischio di subire torture e ulteriori violenze. Una situazione già denunciata la settimana scorsa da Amnesty International, secondo la quale le persone a bordo della Nivin hanno raccontato di aver subito trattamenti orribili, tra cui estorsioni, torture e obbligo di lavori forzati. Da parte sua la Libia, per bocca del comandante Anwar El Sharif, li ha definiti pirati, criminali e terroristi.

Sulle violenze subite dai migranti in Libia sono arrivate oggi anche le testimonianze riportate dal quotidiano britannico Guardian, secondo il quale i minori detenuti nei campi, finanziati anche dall’Ue nell’ambito del Fondo per l’Africa, subiscono maltrattamenti quotidiani. Vengono picchiati dalla polizia e dalle guardie, non sono nutriti, non possono avere contatti con l’esterno. Un vero “inferno in terra”, l’hanno definito i testimoni. Secondo il quotidiano britannico, vi sono 26 campi aperti sul territorio libico; non vi sono cifre esatte sul numero di bambini detenuti, ma si pensa che siano centinaia e forse più di mille. L’Alto commissariato dell’Onu per i rifugiati (Unhcr) stima che siano almeno 5.400 i migranti detenuti in totale. A questi si sommano quelli rinchiusi nei centri clandestini e gestiti dai trafficanti di essere umani.

Intanto a Bruxelles i ministri della Difesa dei Paesi Ue sono tornati a parlare della missione Sophia: dall’austriaco Mario Kenasek è arrivato l’avvertimento che se non si troverà “una soluzione” alla questione degli sbarchi, l’operazione “terminerà”. Analogo avvertimento è stato lanciato dall’Alto rappresentante per la politica estera Ue, Federica Mogherini: “Ho detto chiaramente che o si trova una soluzione ad interim oppure dovremo smantellare l’operazione”, ha affermato, e ha aggiunto di essere “convinta che uno spazio per trovare una soluzione ci sia”. La Mogherini ha ricordato che “è chiaramente nell’interesse dell’Italia proseguire l’operazione Sophia”, perché “è il primo paese a vederne i benefici”. D’altra parte, la responsabile della diplomazia Ue ha riconosciuto che Roma “ha le sue ragioni” perché ci “sia una gestione non unicamente italiana” degli sbarchi. “E’ un punto che viene riconosciuto da una maggioranza degli Stati membri, non una totalità”, ha aggiunto, sottolineando tuttavia che “uno spazio per trovare questa soluzione c’è, se tutti si rendono conto di ciò che rischiamo di perdere se non ci sarà uno sforzo di compromesso in questi giorni”.

 

Redazione JobsNews

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