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Parisi: un nuovo liberalismo sociale per l’Italia e l’Europa

Parisi: un nuovo liberalismo sociale per l’Italia e l’Europa

K metro 0  – Roma – Stefano Parisi, classe ‘1956, nato a Roma. Ha ricoperto, nella sua lunga carriera, ruoli chiave sia nell’impresa privata (telecomunicazioni e nuove tecnologie) che negli organismi di rappresentanza, come Confindustria e Confindustria Digitale e nelle istituzioni (Presidenza del Consiglio, Comune di Milano). Candidato del centrodestra nell’elezioni amministrative del 2016 (Milano) e regionali

K metro 0  – Roma – Stefano Parisi, classe ‘1956, nato a Roma. Ha ricoperto, nella sua lunga carriera, ruoli chiave sia nell’impresa privata (telecomunicazioni e nuove tecnologie) che negli organismi di rappresentanza, come Confindustria e Confindustria Digitale e nelle istituzioni (Presidenza del Consiglio, Comune di Milano). Candidato del centrodestra nell’elezioni amministrative del 2016 (Milano) e regionali del 2018 (Lazio), recentemente ha fondato Energie PER l’Italia, il movimento politico che punta a “ricostruire il nostro Paese con un programma liberale e popolare, riformista e federalista”.

Redazione K metro 0, ha collaborato Chiara Immordino

Dottor Parisi, lei ha già avuto alle spalle esperienze come titolare di incarichi pubblici e come imprenditore. Nasce da qui il suo programma politico che coniuga difesa della libera iniziativa economica e tutela dei cittadini svantaggiati?

Sono assolutamente convinto che lo sviluppo delle attività private sia in grado di liberare le migliaia di risorse che ci sono nel nostro Paese. È evidente che l’aumento di crescita e gli investimenti, generino occupazione ma ci deve anche essere uno Stato più snello e più semplice.  Non è attraverso la spesa pubblica che si fa occupazione, l’importante è avere uno Stato in grado di regolare le attività private, di lasciarle libere di agire e di permettere agli investitori di far crescere l’economia. Le esperienze che ho avuto per tanti anni nel settore pubblico e nel privato, mi hanno convinto che le potenzialità di quest’ultimo possono essere straordinarie solo se il pubblico è efficiente.

Secondo lei, in che modo possiamo attrarre gli imprenditori stranieri ad investire in Italia, soprattutto nell’area del Mezzogiorno?

Innanzitutto, serve certezza del diritto, quindi bisogna fare in modo che chi investe in Italia deve sapere che le leggi e le regole ma soprattutto il sistema della Giustizia siano stabili nel tempo e prendano decisioni in tempi rapidi. Secondo, bisogna fare in modo che gli investitori vengano attratti da iniziative interessanti e redditizie e che questo sia un Paese accogliente per la competitività delle imprese. Nel Mezzogiorno, in modo particolare, c’è molto da fare perché per tanti anni nel sud sono state fatte politiche sbagliate, fatte di incentivi e non in grado di attrarre gli investimenti. Il Mezzogiorno ha bisogno di certezza del diritto, di combattere la criminalità, di infrastrutture e, soprattutto, di avere un sistema che crei un vantaggio per chi investe. Noi proponiamo che tutto il Mezzogiorno sia una zona economica speciale dal punto di vista fiscale, ed è questa è la vera battaglia che l’Italia deve fare in Europa. Gli investimenti che sono stati realizzati e quelli che verranno attuati nel sud d’Italia devono essere defiscalizzati. Saranno poi gli imprenditori a decidere quali sono i settori importanti su cui investire.

Il Mezzogiorno, come tutto il nostro Paese, ha due grandissime ricchezze: il turismo e l’agroalimentare. Con queste due grandi risorse noi possiamo far ripartire l’economia.

Nelle sue esperienze in politica lei propugna un “liberalismo non liberista” che sappia rinnovare lo stato sociale puntando su un forte coinvolgimento della società civile. Questo suo programma ricorda quello della Big Society che il premier conservatore britannico David Cameron cercò di realizzare senza successo?

Noi siamo un Paese che ha un enorme indebitamento ed ha una burocrazia molto inefficiente. Abbiamo bisogno che la nostra società, cioè, le associazioni, la comunità e le famiglie, vengano utilizzate e liberalizzate in modo che possano sostenere i bisogni dei più poveri ed essere vicine alle persone che hanno maggiore difficoltà.

In un sano rapporto tra il ruolo della spesa pubblica e quello del sistema associativo e delle comunità, si può trovare un equilibrio per rilanciare il nostro sistema di welfare, che dovrà sempre più affrontare invecchiamento della popolazione, con conseguente aumento della necessità di cure per patologie e cronicità. Abbiamo bisogno di un sistema sanitario che si integri con l’assistenza sociale e non possiamo pensare che solo la spesa pubblica si occupi di tutto questo. Abbiamo bisogno di nuovi strumenti, come il welfare aziendale e anche il sistema assicurativo può fornire valide soluzioni. Penso a un sano rapporto tra pubblico e privato, tra pubblico e comunità e società, che è un po’ la logica della big society di Cameron. Lui non ha raggiunto l’obiettivo, ma l’Italia è un Paese molto più solidale, il sistema del volontariato, il welfare cosiddetto familiare e il sistema delle comunità ha un potenziale straordinario che probabilmente negli altri Paesi non c’è.

Quanto ha contato per lei il rapporto con i diversi ambienti in cui ha fatto le sue prime esperienze civili, il mondo cattolico e quello socialista?

E’ stato molto importante. Le nostre radici giudaico-cristiane, il mondo e la cultura cattolica che però in questi anni ha abdicato a un suo ruolo in politica, ha creato un grave danno all’Italia e quello che sta succedendo oggi nel nostro Paese è anche responsabilità di questa rinuncia fatta dai cattolici. Rilanciare oggi in Italia la cultura di Sturzo e la cultura riformista è la chiave per ricostruire una forza liberale e popolare in Italia. E’ sempre stata maggioritaria e deve ritornare ad essere maggioranza.

Lei e’ stato considerato il “rigeneratore” di un centro-destra che negli ultimi anni è apparso spesso diviso al suo interno. Pensa di tornare a rivestire questo ruolo in vista delle prossime elezioni europee?

Sicuramente oggi il centro destra ha bisogno di essere rigenerato. E’ in una fortissima crisi perché, ovviamente un centro destra a guida radicale dove il consenso dei partiti liberali, popolari sta scendendo di elezione in elezione, rende necessaria la ricostruzione di quest’area. E’ quello che stiamo cercando di fare, non so se l’appuntamento saranno le elezioni europee ma sicuramente è un obiettivo su cui dobbiamo puntare.

Guardando al futuro, oltre che puntare su “Energie per l’Italia”, il suo nuovo partito, ritiene importante cercare di sviluppare una coalizione, a modello di un “Ulivo del centro-destra”?

Sicuramente il fronte del centro-destra deve essere un fronte ampio, un po’ come è il fronte dei Repubblicani negli Stati Uniti dove ci sono conservatori e liberali, dove ci sono anime diverse fra di loro, credo che sia questa la strada da percorrere. Il punto è: qual è il leader oggi in grado di avere forza e capacità culturale e personale da mettere insieme queste due forze? Oggi è un centro destra diviso che si riunisce quando cerca accordi elettorali ma il vero tema è che esiste una parte di popolazione che oggi non ha ancora trovato il suo leader in grado di prendere in mano il timone.

“Energie per l’Italia” è nato a novembre 2016, a che punto è l’organizzazione di questo nuovo partito?  Ha messo radici nel territorio attraverso la creazione di circoli locali?

Noi siamo nati nel 2016 e abbiamo fatto un grande lavoro di radicamento sul territorio, siamo sparsi in tutta Italia. Lavoriamo su due punti fondamentali: una è quella dei circoli e dell’attività delle persone che lavorano all’interno e l’altra è il modello associativo, cioè tanti gruppi che ci considerano come un punto di riferimento politico dove ci sia libertà di pensiero. Stiamo cercando di lavorare in questa direzione, il futuro è quello di essere noi una parte di questo centro destra che deve essere rigenerato.

Uno sguardo all’Europa: come si può affermare efficacemente lo stato sociale in questo contesto? Con il rilancio delle classiche politiche socialdemocratiche e quindi potenziando l’assistenza pubblica con reti di solidarietà e assistenza private?

Sicuramente questa è la strada migliore: quella delle mutue, delle reti di assistenza privata, dei sistemi assicurativi e welfare aziendali, come dicevamo prima. È la strada che può trovare un forte radicamento nella nostra società. Tutti i Paesi oggi hanno problemi di finanza pubblica, non vedo altre strade per poter affrontare temi così importanti.

 

 

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