Protezione internazionale. Diritti fondamentali e procedure di identificazione. Lo status di rifugiato. K metro 0 – Roma – Bisogna risalire fino al 1948 per ritrovare il primo documento che riconosce, a livello internazionale, i diritti fondamentali dell’essere umano. L’articolo 14 della dichiarazione universale dei diritti dell’uomo sancisce infatti il principio che gli uomini, senza distinzioni,
Protezione internazionale. Diritti fondamentali e procedure di identificazione. Lo status di rifugiato.
K metro 0 – Roma – Bisogna risalire fino al 1948 per ritrovare il primo documento che riconosce, a livello internazionale, i diritti fondamentali dell’essere umano.
L’articolo 14 della dichiarazione universale dei diritti dell’uomo sancisce infatti il principio che gli uomini, senza distinzioni, devono godere dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali. Con la Convenzione di Ginevra del Luglio del 1951 le Nazioni Unite garantiscono tale esercizio ai rifugiati concedendo loro il diritto di asilo. La materia è stata nel tempo oggetto di una serie di direttive comunitarie che, a partire dal 2004, hanno plasmato l’attuale normativa giuridica del nostro Paese.
Attualmente, la presentazione della domanda di protezione internazionale che è personale e che va intesa come manifestazione di volontà da parte del richiedente che dovrà poi formalizzarla presso una Questura può essere presentata anche presso la Polizia di frontiera al momento di arrivo in Italia.
Al termine di una serie di adempimenti formali quali il rilievo foto dattiloscopico del richiedente si provvederà alla valutazione della domanda da parte della commissione territoriale competente, iter che si potrà concludere con la concessione oppure con il rifiuto della protezione internazionale nonché con l’invito del soggetto al questore per la concessione di un permesso di soggiorno per motivi umanitari (art.5 D.Lgs. 286/1998).
Il quadro normativo europeo odierno si basa sulle attuali procedure di identificazione che mirano all’attribuzione di una identità certa dello straniero tanto che l’agenda europea sulla migrazione ha previsto, presso i Paesi soggetti a maggiori pressioni migratorie, l’istituzione di “hotspot” ove i Paesi membri provvedono a svolgere ogni tipo di attività finalizzata, appunto, all’identificazione.
Tali siti hanno anche l’ambizioso scopo di definire, rapidamente, la posizione giuridica del migrante cosa spesso non facile a causa delle difficoltà che si registrano nei Paesi di origine.
Per avere un’idea sulla definizione di rifugiato politico dobbiamo prendere a spunto sempre la Convenzione di Ginevra che recita: ” è un rifugiato politico colui che temendo a ragione di essere perseguitato per motivi di razza, religione, nazionalità, appartenenza ad un determinato gruppo sociale o per le sue opinioni politiche, si trova fuori del Paese di cui è cittadino e non può o non vuole, a causa di questo timore, avvalersi della protezione di questo Paese: oppure che, non avendo cittadinanza e trovandosi fuori del Paese in cui aveva residenza abituale a seguito di tali avvenimenti, non può o non vuole tornarvi per il timore di cui sopra.”
Principio presente nella nostra Carta Costituzionale che, all’articolo 10 comma 3, sancisce il diritto di asilo per lo straniero al quale sia impedito nel suo Paese l’effettivo esercizio delle libertà democratiche garantite dalla Costituzione Italiana.
Al riguardo va precisato che colui che ha ottenuto lo status di rifugiato, gode degli stessi diritti e doveri dei cittadini italiani eccezion fatta per la cittadinanza che potrà comunque richiedere dopo cinque anni dall’avvenuto riconoscimento.
Se sussistono fondati timori che lo straniero possa subire un grave danno alla sua vita o alla incolumità personale e qualora lo status di rifugiato non potesse venire accolto per mancanza di requisiti si interverrà con una protezione sussidiaria che dà diritto ad un permesso di soggiorno della durata di cinque anni.
Una ulteriore protezione umanitaria nel casi in cui non si possa procedere al riconoscimento delle precedenti forme di protezione ci viene infine offerta quando sussistono gravi motivi di carattere umanitario attraverso appositi permessi di soggiorno che hanno la durata da sei mesi a due anni.
L’operato delle commissioni è stato inoltre oggetto di nuova disciplina per effetto del DL nr.3/2017 c.d. “decreto Minniti”, provvedimento che nel restringere i diritti ha rischiato di innescare tensioni sociali sul versante del mercato del lavoro.
Il sistema “Dublino III” con il regolamento UE nr. 604/2013 ha anch’esso disciplinato i criteri che sono alla base dell’esame delle domande di protezione internazionale stabilendo ulteriori competenze tra gli Stati membri con diverse procedure di ricollocamento.
Tali progetti, anche quelli più virtuosi come i corridoi umanitari, non hanno avuto un necessario sostegno anche a causa della mancanza di una univoca politica Europea fermo restando che in Europa non esiste oggi una via legale di ingresso. Il Dl Sicurezza dell’attuale governo non risolverà i problemi esistenti. Le norme in esso contenute non faranno altro che inasprire le condizioni di vita di cittadini e migranti. Stesso dicasi per le forze di Polizia che, per effetto dell’allungamento dei tempi di permanenza nei centri di rimpatrio, vedranno aggravarsi il carico di lavoro.
Oltre a complicare l’esistente le misure appena varate dal Governo, che parlano esclusivamente alla pancia delle persone, non faranno altro che aumentare irregolarità e illegalità nel Paese quando il tema vero è come rispondere ad un’emergenza epocale garantendo i diritti universali che sono alla base dell’accoglienza e della convivenza pacifica tra le comunità e i popoli.
di Daniele Tissone