Sergio Cofferati, 70 anni compiuti a gennaio. È stato Segretario Generale della Cgil e sindaco di Bologna. Dal giugno 2009 è parlamentare europeo per il gruppo dei Socialisti e Democratici. Nel gennaio 2015 esce dal Partito Democratico – era stato tra i fondatori – del quale non condivide più le scelte politiche. Si iscrive successivamente
Sergio Cofferati, 70 anni compiuti a gennaio. È stato Segretario Generale della Cgil e sindaco di Bologna. Dal giugno 2009 è parlamentare europeo per il gruppo dei Socialisti e Democratici. Nel gennaio 2015 esce dal Partito Democratico – era stato tra i fondatori – del quale non condivide più le scelte politiche. Si iscrive successivamente a Sinistra Italiana. Resta membro indipendente del Gruppo dei Socialisti e dei Democratici al Parlamento Europeo. Attualmente è componente della Commissione Mercato Interno e Protezione dei Consumatori e della Commissione Giuridica. È stato insignito del Commendo di Bernardo O’Higgs dal Cile per l’aiuto dato al Paese durante la lotta contro la dittatura. Il Governo Francese l’ha insignito della Legion d’onore per le iniziative a sostegno dei diritti dei bimbi e per il contrasto allo sfruttamento dei minori.
K metro 0 – intervista a Sergio Cofferati
Di Maria Grazia Pecchioli
Onorevole Cofferati, l’Italia nel prossimo Quadro Finanziario Pluriennale è stato detto otterrà maggiori fondi dall’Unione. Più 6% fino al 2027, rispetto al periodo 2014-2020, circa 2,3 miliardi di euro in più. Italia, Grecia e Spagna sono i Paesi che hanno sofferto di più la lunga crisi economica. Ora la nuova programmazione dei fondi sembra avvantaggiare proprio i Paesi del sud Europa. Come si è arrivati a questa redistribuzione
C´è in ogni caso da premettere che siamo solo all´inizio di un negoziato che promette di essere estremamente difficile ed articolato in cui molti sono gli elementi in gioco da monitorare con attenzione. Partiamo secondo me da una proposta della Commissione Juncker che ci pare essere decisamente insoddisfacente dal punto di vista delle scelte politiche di fondo. Non è affatto scontato che ci sarà un aumento dei fondi disponibili per il nostro paese, molto dipenderà sia dalla capacità del Governo italiano di negoziare bene in Consiglia sia anche successivamente dalla capacità di spendere le risorse UE, cosa su cui il nostro paese rimane terribilmente indietro. Bisogna però constatare che, nella proposta della Commissione è chiara l´impronta e la direzione verso cui si vuole andare. L´Europa ha vissuto una crisi economica di proporzioni epocali, i cui effetti sociali si stanno ancora dispiegando, ma l´impressione è che queste non siano ancora considerate delle priorità.
La Brexit è ormai diventata realtà. In termini economici si è tradotta in una perdita di circa 12 miliardi di euro per l’Unione. Eppure, l’Europa anche con meno risorse sta dimostrando di voler fare di più, di gestire con più capacità. Possiamo parlare di un’Europa più solidale e attenta ai bisogni dei cittadini?
Purtroppo credo di no. Penso che la proposta di Juncker vada nella direzione opposta. È indubbiamente vero che la Brexit ci pone un problema in termini di ridistribuzione del bilancio comunitario ed è senza dubbio da apprezzare il tentativo, sebbene parziale, di compensare queste perdite provando ad introdurre delle risorse proprie. Tuttavia la proposta di tagliare in maniera consistente il fondo di coesione va a toccare quei capitoli di spesa relativi alla solidarietà di cui invece oggi ci sarebbe estremo bisogno. Questo è purtroppo in coerenza con una politica cieca rispetto agli effetti sociali della crisi ed al crescere delle disuguaglianze che questa ha creato.
L’Europa è una realtà. Si ragiona sempre più in termini di Unione politica, accanto a quella economica e monetaria. Oggi quale percezione hanno i cittadini italiani di ciò che accade a Bruxelles?
Temo che la distanza tra l´Europa ed i cittadini europei stia diventando abissale. Questo credo sia dovuto a molteplici ragioni: un processo decisionale complesso, nel quale persistono ancora troppe lacune democratiche combinate con un assetto e delle logiche ancora marcatamente intergovernative; questo è aggravato da un racconto dell`UE come un luogo puramente burocratico dove non esistono dinamiche politiche. Io credo che non si possa fare a meno della dimensione Europea e che un ritorno agli stati nazionali sia estremamente pericoloso, soprattutto per chi è più debole. Penso però allo stesso tempo che l´Europa per sopravvivere deve profondamente cambiare; e non serve soltanto una diversa direzione politica, che è pure necessaria, ma un nuovo e profondo processo costituente che consenta di avere delle vere politiche Europee e non solo degli accordi tra i Governi, e soprattutto una vera democrazia Europea. È questo secondo me l´elemento imprescindibile per ricucire la distanza che si è creata.
Lei è stato sindaco di una grande città come Bologna e a capo del principale sindacato italiano dei lavoratori e continua ad avere un forte e diretto rapporto con i suoi elettori. Le istituzioni europee guardano con sempre maggiore attenzione alle città, alle aree metropolitane e all’occupazione giovanile. Questi temi riescono a suo avviso a coinvolgere gli elettori europei, soprattutto i giovani, e a farli sentire protagonisti e renderli più partecipi?
In questi anni difficili, in cui la politica è stata spesso distante dei cittadini, molte città europee sono state dei veri e propri avamposti democratici che hanno dato vita a delle esperienze importanti, penso ad esempio a quella di Barcellona con il gran lavoro di Ada Colau attorto alle questioni dei beni comuni, o anche a Napoli. La città è sempre il punto di frontiera dove si toccano con mano le emergenze sociali e sono lampanti le crescenti disuguaglianze. In molti casi, specie in quelli più periferici, spiace notare come queste siano lasciate da sole, nell´assenza di un quadro politico organico sia nazionale che Europeo. D’altra parte penso che da molte esperienze municipali ci sia molto da imparare e che risiedano li molte speranze per il futuro che bisogna curare, mettere a valore ed evitare di disperdere.
Elezioni europee nel 2019: alcuni pensano che la campagna sia già iniziata. In Italia si è da poco conclusa una campagna elettorale che ha visto affermarsi i partiti populisti e di destra. C’è un fattore comune nell’avanzare delle destre e nella difficoltà per le forze progressiste in Europa? Quali devono essere le priorità in vista del 2019?
Le elezioni del 2019 saranno particolarmente decisive per il futuro dell´UE. Al momento mi sembra evidente che abbiamo già due schieramenti, entrambi di destra ed entrambi pericolosissimi. Da una parte infatti sta prendendo forma il fronte della destra liberista e popolare, quella di Merkel e Macron, che ci ripropone la fallimentare ricetta del rigore con qualche modesto ritocco cosmetico; è quella che rappresenta le fallimentari politiche di questi anni la cui riproposizione rappresenta, a mio modo di vedere un enorme pericolo per l´Europa. Dall’altra parte c´è invece la destra sovranista, quella del Governo italiano di Salvini, di Orban e Le Pen, che prospettano un insensato ritorno alla dimensione nazionale e additano il più debole come nemico del debole. Nel mezzo ci sta la famiglia socialista che vive non solo un momento di profonda debolezza elettorale, ma soprattutto una enorme contraddizione al suo interno: il sostegno di questi anni alle politiche UE e, in molti casi, a Governi nazionali paladini dell´austerità, non la rende un´opzione politica in grado di rappresentare una vera alternativa alle due destre. Io credo invece che abbiamo bisogno urgentemente di ricostruire una speranza europea che rimetta al centro la questione delle disuguaglianze e che sia in grado di prospettare una vera alternativa, unendo tutte le buone esperienze e le buone proposte.
Il prossimo anno sarà il decimo per lei da parlamentare europeo. Cosa ritiene di aver dato all’Unione in questi anni e quale esperienza fino ad oggi le ha lasciato l’Europa?
Ho iniziato l´esperienza di Parlamentare Europeo con la dovuta umiltà e la voglia di imparare che si deve ad un incarico nuovo. Mi sono subito reso conto di quanto, giustamente, il peso delle biografie conti meno del lavoro quotidiano che si fa. Ho avuto la fortuna di fare anche qui la mia gavetta e, progressivamente, di avere ruoli e responsabilità su dossier importanti. Credo di aver portato qui la mia esperienza ed i miei principi politici. Penso anche di aver imparato molto, come sempre avviene quando si è in contatto con differenze, sia politiche che geografiche.