K metro 0 – Se le api si estinguessero, la razza umana sopravvivrebbe solo quattro anni. La citazione di questo celebre assunto attribuito ad Einstein non vuole alimentare iperbolici sensazionalismi, ma introdurre una recente disposizione europea che vieta l’uso all’aperto di alcuni pesticidi riconosciuti dannosi per le api, essenziali agenti impollinatori il cui numero risulta
K metro 0 – Se le api si estinguessero, la razza umana sopravvivrebbe solo quattro anni. La citazione di questo celebre assunto attribuito ad Einstein non vuole alimentare iperbolici sensazionalismi, ma introdurre una recente disposizione europea che vieta l’uso all’aperto di alcuni pesticidi riconosciuti dannosi per le api, essenziali agenti impollinatori il cui numero risulta essere in preoccupante diminuzione. Esprime soddisfazione Vytenis Andriukaitis, commissario per la Sicurezza alimentare: «La salute delle api è di fondamentale importanza perché riguarda la biodiversità, la produzione di cibo e l’ambiente». Le disposizioni entreranno in vigore entro la fine del 2018 e il divieto riguarda una famiglia di pesticidi chiamati neonicotinoidi, in particolare imidacloprid, clothianidin e thiamethoxam.
Le nuove restrizioni, avanzate sulla base del parere scientifico dell’Autorità europea per la sicurezza alimentare (Efsa, European Food Safety), si aggiungono a quelle messe in atto già nel 2013: il 16 luglio di quell’anno, come riportato in una nota dalla Commissione Europea, la proposta sulla limitazione dell’uso di pesticidi era stata sostenuta dagli esperti degli Stati membri riuniti nel Comitato permanente per la catena alimentare e la salute degli animali, a seguito di una pubblicazione scientifica dell’Efsa del 27 maggio in cui si affermava che le sementi trattate con fipronil (insetticida ad ampio spettro) rappresentano un «rischio acuto» per la popolazione europea delle api da miele; «un passo significativo per affrontare il declino delle api in Europa», aveva commentato in quell’occasione il commissario per la Sanità Tonio Borg. L’obiettivo è riuscire a ridurre progressivamente l’uso di pesticidi, che saranno ammessi solo nelle serre permanenti; in particolare non verranno più trattati con queste sostanze i semi di mais e girasole e di alcune colture che sono seminate anche in campo la cui raccolta avviene prima della fioritura come crucifere (broccoli) e liliacee (cipolle).
La disposizione, che era stata sostenuta da 23 Stati membri (3 astenuti, 2 contrari), è entrata in vigore il 31 dicembre 2013 e le sementi trattate sono state utilizzate fino al 28 febbraio 2014: misure urgenti che rientrano in una strategia generale affrontata dalla Commissione Europea sin dal 2010, quando era stato pubblicato un primo report sulla salute delle api in cui si identificavano i pesticidi tra i principali fattori responsabili della loro riduzione – oltre a parassiti e altri agenti patogeni, uso improprio di farmaci veterinari, cambiamenti climatici con effetti dannosi sull’habitat. Da allora sono state avviate diverse azioni come la costituzione di un laboratorio per monitorare lo stato di salute delle api, finanziamenti al settore dell’apicoltura, programmi di ricerca e studi di sorveglianza in 17 Stati membri volontari. Le più recenti valutazioni dell’Efsa, rese note il 28 febbraio 2018, ampliano dunque le misure già adottate ed estendono la valutazione del rischio sull’uso di pesticidi anche alle api “solitarie” e selvatiche, oltre a quelle da miele; conclusioni «molto dettagliate», come affermato da Jose Tarazona, capo dell’unità Pesticidi dell’Efsa.
In gioco non c’è solo il sistema biologico, ma anche quello economico, e in una misura più complessa di quanto lasci intendere l’enunciato di Einstein. Secondo Keith S. Delaplane, docente di entomologia al College of Agricultural and Environmental Sciences dell’Università della Georgia, che riporta un’analisi della Fao condotta sui dati raccolti dal 1961 al 2005, infatti, la stima secondo la quale un terzo dell’alimentazione umana dipende da piante impollinate da insetti non ha in realtà valenza globale, ma riguarderebbe solo i paesi sviluppati dove carne di manzo, prodotti caseari e semi oleosi costituiscono una parte significativa della dieta. È anche vero che la produzione totale degli alimenti derivati da colture impollinate è quasi raddoppiata negli ultimi decenni con un boom negli anni Novanta, e la tendenza non mostra alcun segno di rallentamento; e, per compensare tale crescente richiesta, la produzione si sta spostando verso i paesi in via di sviluppo, dove la preoccupazione per le tematiche ambientali è più debole e si teme per la deforestazione di grandi aree da destinare all’agricoltura. Un allarme globale, dunque, che però è stato decisamente ridimensionato dalle multinazionali interessate al commercio di sostanze pesticide; la Bayer Crop Science, che ha sviluppato uno dei neonicotinoidi vietati, ha fatto sapere in una nota che la decisione dell’Ue finirà con il danneggiare gli agricoltori europei «riducendo la loro capacità di affrontare importanti parassiti, molti dei quali non prevedono trattamenti alternativi».