K metro 0 – Roma – In Italia, a 50 giorni dalle elezioni del 5 marzo ancora non si profila all’orizzonte una possibile fisionomia di un nuovo governo. Dopo la formazione del Parlamento e l’elezione dei presidenti di Camera e Senato, sono passate almeno 2 settimane di trattative tra i partiti ed incontri con il Capo
K metro 0 – Roma – In Italia, a 50 giorni dalle elezioni del 5 marzo ancora non si profila all’orizzonte una possibile fisionomia di un nuovo governo. Dopo la formazione del Parlamento e l’elezione dei presidenti di Camera e Senato, sono passate almeno 2 settimane di trattative tra i partiti ed incontri con il Capo dello Stato, non hanno permesso di sbloccare lo stallo in cui versa il sistema politico: in una situazione ancora più difficile di quella scaturita dalle altre elezioni del 2013, che videro un primo grande successo del nuovo Movimento 5 Stelle. “I risultati delle ultime elezioni italiane, ormai, fanno parte di una routine”, ha scritto l’accademico Andrew Michta sull’American Interest.
Maurizio Martina, segretario reggente del Pd, esclude l’ipotesi di alleanze con altre forze politiche per la formazione di un governo. “Non ci lasceremo usare”, ha detto il segretario. Il leader di Forza Italia Silvio Berlusconi spera in un governo istituzionale insieme al partito democratico e dichiara di sentire che “la svolta è vicina”. Nel frattempo, il leader della Lega Matteo Salvini ha bocciato l’apertura del ministro dello Sviluppo economico, Carlo Calenda, che in un’intervista al quotidiano Repubblica aveva proposto un governo di transizione che coinvolga tutte le forze politiche. “Con il Pd non si può fare nulla”, ha detto Salvini. Luigi Di Maio al leader leghista: “Salvini si assume una responsabilità storica nel legarsi a Berlusconi: ci sta dicendo che per aspettare i comodi di Matteo Salvini avremo il governo il 15 maggio? Aspetto qualche altro giorno, poi uno di questi due forni si chiude”.
“Dall’ andamento delle consultazioni di questi giorni- ha detto, al termine del secondo giro di consultazioni, il Presidente della Repubblica – emerge con evidenza che il confronto tra i partiti politici, per dar vita in Parlamento a una maggioranza che sostenga un governo, non ha fatto progressi. Attenderò alcuni giorni per decidere come procedere per uscire dallo stallo”, ha concluso il Capo dello Stato. Ma se i partiti non riusciranno a raggiungere un accordo, superando il meccanismo paralizzante dei veti incrociati, la soluzione più ragionevole che si ipotizza in Parlamento sarà quella di un governo guidato da una personalità di forte rilievo istituzionale, al di sopra dei giochi partitocratici. Che, però, non godendo d’ un vero appoggio politico in Parlamento, potrebbe guidare un Governo destinato solo a cambiare la legge elettorale (creatrice d’ un meccanismo racchiudente in sè, in sostanza, i difetti sia dei sistemi proporzionalistici che di quelli maggioritari) e a far approvare la legge di bilancio. Dopodiché, per tornare a una democrazia parlamentare davvero efficiente, sarebbe indispensabile – come in Grecia nel 2015 – un nuovo ritorno alle urne.
La situazione è ben difficile di quella del 1994, quando – pur essendo scaturito, dalle urne, un voto nettamente favorevole al Centrodestra – per avere un nuovo governo si dovette arrivare ai primi di maggio. Perché il voto del 5 marzo, se ha dato la maggioranza relativa all’ M5S, in termini maggioritari di coalizione, invece, ha visto il trionfo del Centrodestra: ma nessuno dei due protagonisti, nella situazione del “tutti contro tutti” della politica italiana, si aspetta, la formazione di un governo). Mentre – e qui sarà decisiva la forza di “moral suasion” di Mattarella, che sta più volte richiamando i partiti all’urgenza di formare al piu’ presto un vero governo, indispensabile per rendere il Paese credibile nel contesto dell’Unione Europea e in scenari di forte tensione internazionale – l’ipotesi d’una “Grande coalizione” alla tedesca, tra le forze maggiori, unica soluzione possibile per uscire dallo stallo, risulta anch’essa impraticabile. Per la forte contrarietà di FI e FLDI, nel Centrodestra, alla sola ipotesi di un governo insieme al M5S; e, simmetricamente, il rifiuto dei grillini (pena la perdita d’ogni credibilità presso il loro elettorato) di trovarsi in un esecutivo con la presenza di Forza Italia.
Ogni paragone col passato in realtà è inadatto: quando alcune volte, nei decenni scorsi, per superare i veti incrociati dei partiti si pensò a un esecutivo di transizione guidato da una personalità di spiccato rilievo istituzionale (come fu, nei primi mesi del ’79, con l’ipotesi di un governo La Malfa, e, a gennaio del ’96, con l’altra di un esecutivo guidato da Antonio Maccanico), la situazione, pur sempre ambigua, non era così aggrovigliata. È vero che anche all’ estero, negli ultimi anni, ci sono stati problemi simili: vedi la Germania, dove l’attuale governo di coalizione CDU-SPD è riuscito a nascere solo dopo vari mesi di trattative tra i partiti e di consultazione dell’opinione pubblica. Ma in Italia, le situazioni sono sempre più complicate che nelle altre democrazie, e, per dirla con Ennio Flaiano, “tragiche ma non serie”: per cui è davvero difficile, in questo momento, ipotizzare come sarà il nuovo esecutivo.
Quel che è certo è che il Paese non può più sopportare periodi di lunga attesa politica, e di vacanza governativa. Situazioni del genere significano, ancor peggio che nei primi decenni della Repubblica, non solo bloccare qualsiasi serio progetto di riforma e di rilancio dei piani per le opere pubbliche (già affetti da gravi ritardi); ma anche lasciare mano libera – nella confusione e nell’ incertezza istituzionale – agli speculatori in ogni settore. Ogni giorno che passa inutilmente, danneggia la credibilità internazionale del nostro Paese.
di Fabrizio Federici