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Tre grandi film su 3 temi solo apparentemente lontani

Tre grandi film su 3 temi solo apparentemente lontani

K metro 0 – Cinema – Il primo vero film su Maria Maddalena, la donna che fu la probabile compagna di Gesu’ di Nazareth. Parliamo di “Maria Maddalena”, del regista australiano Garth Davis: realizzato ultimamente in coproduzione anglo-american-australiana, e nelle sale dal 15 marzo. Maria di Magdala è personaggio centrale nella vicenda di Cristo: la

K metro 0 – Cinema – Il primo vero film su Maria Maddalena, la donna che fu la probabile compagna di Gesu’ di Nazareth.

Parliamo di “Maria Maddalena”, del regista australiano Garth Davis: realizzato ultimamente in coproduzione anglo-american-australiana, e nelle sale dal 15 marzo.

Maria di Magdala è personaggio centrale nella vicenda di Cristo: la pellicola di Davis segue complessivamente le narrazioni sia dei Vangeli canonici che degli apocrifi. Aderendo alle ricostruzioni fatte dagli storici moderni, i quali han contestato l’identificazione (fatta per la prima volta, nel 591 d. C., da Papa Gregorio Magno) di Maria con l’adultera da Cristo salvata dalla lapidazione, o addirittura con un’ex-prostituta (identificazione, peraltro, ridiscussa dalla stessa Chiesa cattolica dopo il Concilio Vaticano II). Nel film, Maria, ottimamente interpretata dall’ americana Patricia Rooney Mara, è una donna ebrea in rivolta contro la sua famiglia, che vorrebbe per forza darla in sposa a un uomo che non ama. Solo conoscendo Gesù (qui un grande Joaquin Phoenix) e capendo che la sua rivoluzione non è violenta e non riguarda la politica, ma l’interiorità dell’uomo, soprattutto il suo rapporto con Dio, premessa essenziale per poter veramente cambiare il mondo secondo princìpi di amore cosmico, Maria trova la sua strada.

Dalla Palestina del I secolo d. C. all’ Europa di metà Ottocento: che è lo sfondo dell’altro film -uscito nelle sale il 5 aprile – del regista haitiano Raoul Peck (vissuto tra Berlino, il Congo e gli USA) “Il giovane Karl Marx”. Un ritratto a tutto tondo del fondatore del materialismo storico (qui efficacemente interpretato dall’attore tedesco August Diehl) colto nei suoi anni giovanili. Spesi tra la Germania (dove Marx esordisce come giornalista sulla “Gazzetta Renana”, quotidiano liberale in cauta opposizione al regime priussiano), Parigi (dove il giovane rivoluzionario nel 1844 conosce Friedrich Engels, che diverrà l’amico d’ una vita e il suo principale finanziatore), Bruxelles e Londra.

E’ qui che Marx sceglie definitivamente la sua strada: mentre si consolida il “sodalizio a tre” con la moglie, l’aristocratica Jenny von Westphalen (un’espressiva Vicky Crieps) e con l’amico Engels ( un bravo Stefan Konarske), l’uomo di Treviri rompe con gli hegeliani di sinsistra ( anche se nel suo pensiero resterà sempre un certo sfondo hegeliano), e aderisce, con Engels, alla “Lega dei giusti”, organizzazione rivoluzionaria. Per la quale egli scriverà, a gennaio 1848, lo storico “Manifesto del Partito comunista”. Intanto, l’Europa è in fermento: con le rivoluzioni del 1848 non solo iniziano ad essere abbattuti i tiranni, ma irrompe prepontemente sulla scena politica il proletariato operaio, generato dalla grande Rivoluzione industriale.

Dall’ Europa, infine, agli Stati Uniti. Gli USA del 1892 sono lo sfondo di “Hostiles”: western d’impianto sociologico opera dell’americano Scott Cooper, uscito in Italia il 22 marzo. Se film memorabili come “Soldato blu” e “Piccolo grande uomo”, negli anni ’70, avevano ribaltato la classica tradizione del western americano, mettendo a nudo la natura di tragico genocidio delle guerre indiane, questa pellicola di Cooper (con reminescenze di John Ford, Sergio Leone, Sam Peckinpah) mostra però l’obbiettiva complessità di quelle guerre, refrattarie a qualsiasi etichettatura di maniera. Se quello perpetrato dal potere bianco nei confronti degli indiani (oggi ridotti a poco più dell’1% della popolazione USA) fu senz’ altro un genocidio, ciò non toglie che il West fu veramente il regno dell’”Homo homini lupus”, dominato da crudeltà ed efferatezza, di tutti contro tutti.

Se ne accorge amaramente il capitano Joseph J. Blocker (Christian Bale), reduce da Wounded Knee (il massacro di Sioux del 29 dicembre 1890, conclusivo delle guerre indiane): incaricato di scortare sino nel Montana un anziano capo indiano, malato di cancro ( un grande Wes Studi), con la sua famiglia. Un viaggio lungo e difficile non solo in senso geografico (più di 1500 km., dal Nuovo Messico al Montana), ma anche psicanalitico: un itinerario lungo i sentieri più crudeli dell’animo umano, che davvero ricorda l’ “Apocalypse Now” di Coppola. Adempiendo la sua missione (e vedendo cadere, uno ad uno, tutti i componenti del suo gruppo), Blocker capirà gradualmente la grave responsabilità storica del Governo statunitense nei confronti degli indiani, e, sentendosi anche lui sul viale del tramonto, svilupperà rispetto e amicizia nei confronti di capo Falco Giallo.

Tre film d’indubbio di rilievo culturale, su 3 temi solo apparentemente distanti: e dove il richiamo al passato va inteso come esortazione a ripensare criticamente a un presente che, a volte, sembra riproporre, in forma ancor più grave che nei secoli precedenti, problemi come l’intolleranza religiosa, la disoccupazione e lo sfruttamento dei lavoratori, la difficile convivenza tra le razze.

di Fabrizio Federici

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